The Boys e Civil War: che ne sarà dell’America?

Le narrazioni riguardo il futuro degli Stati Uniti sembrano convertire verso la totale legittimazione del caos e della “alternate reality”: e se cinema e tv avessero predetto l’America post-Trump?

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A dirla tutta il momento in cui il caos si è insediato nelle nostre vite per smembrare la verità delle cose risale a ben prima dello storico verdetto pronunciato nel tribunale di Manhattan lo scorso 30 maggio, ovvero quello che dichiara Donald Trump – ex presidente degli Stati Uniti – colpevole di 34 capi d’accusa. Si è capito che gli eventi stavano prendendo una piega a dir poco distopica già nel 2021, più precisamente il 6 gennaio di quell’anno, quando un orda di fedelissimi seguaci del tycoon statunitense presero d’assalto Capitol Hill, fomentati da dei suoi tweet che poi sarebbero stati dichiarati cruciali nella messa in piedi di quell’evento. “La notizia è stata un misto tra una bomba e una saetta. Si è divulgata in un secondo ed è calato un silenzio incredibile” ha detto Marina Catucci (giornalista inviata de il manifesto nel podcast Elettorale Americana) del momento in cui il giudice ha dichiarato di avere il verdetto. “Sono iniziati ad arrivare gli elicotteri e la polizia, che ha bloccato tutta la strada, cosa che non era mai successa prima d’ora … Nessuno si aspettava che fosse 34 volte colpevole.

La condanna a Donald Trump paradossalmente sembra essere quasi ininfluente rispetto la sua infinita scia di atti volti alla distorsione della realtà, al ribaltamento dello status quo. Perché col suo perenne delirio, gli infiniti meme, le promesse di vendetta e insurrezione nel caso non dovesse vincere queste elezioni e il potere magnetico che esercita sulla larghissima maggioranza di elettori lo rendono più simile a un villain supereroistico che a un custode della democrazia. Donald Trump è un concentrato di disordine e inaffidabilità, un agglomerato di menzogne in grado di divorare, digerire e spargere in giro solo odio e disinformazione. Perché tutto questo suona così tanto in linea col personaggio (psico Superman repubblicano) Patriota in The Boys?

La serie Amazon in effetti durante il corso delle tre stagioni seminava in giro indizi che suggerivano la reale direzione presa. Certo, è la più originale e ben scritta alternativa al Marvel Cinematic Universe, ma anche una lettura chiara e trasparente del mondo post-Trump che sembra dover avvenire da qui a pochi anni e con questa quarta stagione The Boys accenna a queste supposizioni di cui sopra con la sfacciataggine tipica di Butcher. Insomma, il mondo della narrazione ormai sembra andare tutto verso quella direzione: si prodiga nel mostrarci degli scenari sempre più plausibili di una nuova guerra civile; legittimando questa possibilità. Nel 2024 abbiamo avuto forse il prodotto più lucido in questo senso, il profetico Civil War di Alex Galand.

Il film di Garland infatti narra di una guerra violentissima che ha investito gli Stati Uniti d’America tra gli stati rimasti fedeli al Presidente e stati secessionisti. E nonostante la scarsa plausibilità logica della divisione delle fazioni che Civil War mette in campo, è comunque efficacissimo nell’unire il presente e il futuro dell’ordine delle cose attraverso la messa in scena. Infatti il film è un’opera fondamentale nell’inaugurare questo presagio di sventura: l’avvenuto ribaltamento della “più grande democrazia del mondo” mettendo in primo piano la necessità di ritrovare la nostra sensibilità e fiducia nelle immagini; che oggigiorno fungono da null’altro che strano fluido nel quale restare tiepidamente immersi. A offrire una lettura spaventosamente intelligente di questo film ci ha pensato il filosofo sloveno Slavoj Žižek tra le pagine del numero 1566 de L’Internazionale.

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Spiega Žižek che l’avvenuta condanna di Donald Trump è un evento storico epocale, le cui conseguenze sarebbero in grado di superare i confini degli Stati Uniti e di cambiare radicalmente anche il resto del mondo per come lo abbiamo conosciuto finora. “Prima di tutto Civil War può essere letto come un romanzo di formazione estremizzato in cui Lee e Jessie si scambiano i ruoli. All’inizio Lee è una reporter imperturbabile interessata solo a scattare foto, mentre Jessie prova troppa compassione per essere del tutto neutrale. Alla fine, però, Lee resta uccisa mentre cerca di salvare Jessie, che invece diventa l’incarnazione del distacco e addirittura scatta una foto all’amica morente. In realtà si tratta di una presunta neutralità, nonché di una trappola da evitare a ogni costo. Scegliere da che parte stare oggi è assolutamente necessario, ed essere insensibili davanti alla violenza significa stare dalla parte del sistema violento. In Ucraina, a Gaza, in Cisgiordania e in centinaia di altri luoghi, l’unico modo per trovare la verità che cerchiamo è osservarla sapendo da che parte stare.

Questo passaggio di Slavoj Žižek è sicuramente tra i punti centrali del suo pezzo d’analisi (Lo spettro della guerra civile negli Stati Uniti) riguardo l’attuale situazione globale e il nostro ruolo nei suoi confronti. Perché è chiaro che col cambiare delle politiche, dei conflitti, del clima – e soprattutto del modo in cui questi temi vengono affrontati dalle narrazioni contemporanee – il nostro ruolo di spettatore non può e non deve più essere esclusivamente passivo. Scegliere da quale angolazione guardare la realtà per cercare la verità sembra essere diventato fondamentale e centrale nel modo in cui ci approcciamo al racconto della stessa. Dopo tutto, ci sarà pure un motivo se è proprio di Donald Trump il merito di aver inaugurato definitivamente l’era della cosiddetta “Alternate Reality”; della rilettura degli eventi e la definitiva sovrascrittura. Forse è davvero giunto il momento di effettuare una più acuta e attenta selezione nella direzione che scegliamo di osservare, per restituire allo spettatore un più ampio potere.

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