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The Brink Of Dreams, di Nada Riyadh e Ayman El Amir

Un documentario appassionato ma incapace di trovare uno sguardo davvero incisivo sul contesto che racconta. Così procede per fiammate ma rischia di ingolfare gli spazi su cui vuole ragionare

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Sul palco contro il bigottismo, il sentimento conservatore, il pregiudizio di una società che vorrebbe le donne soggette a leggi ormai incomprensibili e per portare il pubblico, spesso composto in maggioranza di uomini, di fronte alle loro responsabilità.

In The Brink of Dreams arte e militanza si incrociano come ne I gatti persiani, solo che la lotta stavolta si fa in strada, con il teatro più che con la musica dal vivo. È tra i vicoli di un piccolo villaggio copto nel sud dell’Egitto, infatti, che un gruppo di ragazze cerca di portare avanti la loro lotta, organizzando spettacoli che, con piglio punk, provano a portare all’attenzione del loro pubblico i loro problemi quotidiani, tra matrimoni combinati (o organizzati quando le ragazzine sono ancora troppo piccole), l’atteggiamento patriarcale intrinseco della loro cultura, il desiderio di emanciparsi dalla stretta dei loro padri.

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E per raccontare le loro giornate The Brink of Dreams adotta il respiro del documentario osservazionale, tutto a bordo strada, pronto ad annidarsi nelle case, a seguire le giornate delle giovani attrici, a raccontare le corsie del piccolo negozio dove lavora una di loro, ma soprattutto il backstage degli spettacoli, i lavori di ammodernamento della scuola, la costruzione delle drammaturgie.

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Arriva fino alle chiese cristiano-copte del piccolo paese e questa immersione nel sincretismo nordafricano è forse uno dei momenti migliori di un film che rischia di essere quasi inglobato dal suo sguardo, che forse fa un po’ fatica a staccarsi dal suo approccio così integralmente realista. Riyadh ed El Amir evitano di uscire eccessivamente dal seminato. Lasciano che a marcare il passo del film siano le ragazze protagoniste ma allo stesso tempo rinunciano troppo presto a orientare le loro immagini, a costruire su di esse una vera drammaturgia.

Così tuttavia al film manca mordente sulla lunga distanza e The Brink of Dreams sembra reggersi soprattutto su palpiti e picchi improvvisi. È un racconto dal registro un po’ troppo convenzionale che però a momenti sembra illuminarsi: bastano una domanda fatta al pubblico da una delle attrici durante uno spettacolo che sembra rompere un muro della società, la sincerità con cui le ragazze raccontano in una scena i loro sogni, un padre che, preoccupato, prova a capire come mai la figlia non vada più al corso di teatro.

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Ma c’è anche il finale, con la ricerca di stabilità, la convenzionalità borghese, i matrimoni, i figli, il graduale allontanamento dalla scuola e dal palco. Sono dettagli che irrompono all’improvviso nel quadro e sembrano contenere se non distruggere quell’idea di rivoluzione che aveva alimentato il racconto fino a quel momento e che ora non può che riposizionarsi.

Forse allora la scrittura di The Brink of Dreams è un fatto cercato, voluto. Forse è l’unico approccio possibile per raccontare l’apatia dell’oppressione silenziosa a cui sono sottoposte le giovani protagoniste, una vera e propria pasta che ingolfa il racconto ma finisce per trascinare con sé anche quel mondo, quei personaggi, che sarebbero dovuti essere vettori perfetti delle riflessioni militanti del film.

Titolo originale: id.
Regia: Nada Riyadh e Ayman El Amir
Interpreti: Majda Masoud, Haidi Sameh, Myriam Nassar, Lydia Haroun, Marina Samir, Monika Youssef
Distribuzione: Kitchen Film
Durata: 102′
Origine: Egitto, Francia, Danimarca, Qatar, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.8
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Il voto dei lettori
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