The Broken Key, di Louis Nero
Un viaggio attraverso i misteri dell’alchimia che cerca di iniziare lo spettatore a un percorso trascendentale pieno di riferimenti letterari e pittorici in cui il senso dell’orientamento vacilla
Un percorso trascendente verso la conoscenza interiore, questo si prefigge di ottenere Louis Nero con The Broken Key, una ricostruzione dell’essere ottenibile affrontando pericoli e paure, addentrandosi in un mondo esoterico pieno di segreti popolato da figure misteriose, ambigue. Proprio attraverso l’interpretazione del planetario simbolico disseminato nel film si aprirebbe un varco nell’oscurità, in direzione della luce.
In un futuro non troppo lontano, 2033, Arthur Adams (Andrea Cocco) un ricercatore inglese, si mette alla ricerca del frammento di un antico papiro, protetto da una confraternita di seguaci di Horus, ostacolato da alcuni omicidi rituali che ne complicano il recupero. Il mondo ipotizzato recupera tratti medievali associati ad una tecnologia efficace e minimale, assimilata, digerita all’interno, da estensione a corpo implicito degli oggetti, ma se le porte del futuro sembrano spalancate, l’arcano del passato indossa ancora sembianze ermetiche, blindate, da avvicinare con cautela, pena la morte. Gran parte delle riprese sono state effettuate in Piemonte, regione disegnata rispettando delle precise configurazioni astrali, con Torino che negli anni si è meritata la fama di Città Magica per un gran numero di segreti che riguardano la città.
La morte viene evocata come passaggio obbligato sulla strada dell’illuminazione, nella fedele interpretazione della mitologia egizia, trasmessa nel tempo ad un numero esiguo di discepoli, riserva per eletti, languido concilio di predestinazione. L’immagine di immobilità, di stasi, mutato in movimento, cammino, superamento. Ed attraverso l’assassinio diventa anche redenzione dal peccato di cristiana memoria, liberazione dalle immonde tracce d’impuro sintetizzato nei sette vizi capitali. L’ascesa è un protendere al firmamento, un perdersi nella profondità della quiete celeste abbandonandosi nelle pieghe insondabili dell’universo.
In un nutrito immaginario pieno di riferimenti letterari, pittorici, Bosch soprattutto, alchemici, il senso d’orientamento dello spettatore vacilla, le corde percettive vengono infiammate lasciando un forte sapore d’abbaglio, di tradimento d’aspettativa, graffi di una visione celestiale. Complessità che costringe il regista suo malgrado ad esplicitare didascalicamente, semplificando, alcune situazioni, privandole paradossalmente di significato, dell’ombra che ne cela il fascino, smascherandole nei gesti dei protagonisti e nei dialoghi goffi.
Nel quadro di avvicinamento alla natura divina tramite l’emersione della natura individuale, qui i rimandi vanno da Occidente ad Oriente, dalla scritta che campeggiava sul frontone del Tempio di Apollo a Delfi al protocollo buddista che lo indica come traguardo massimo d’illuminazione, Louis Nero sceglie di visualizzare degli interni soffusi, caldi d’ebollizione, in contrasto fortissimo con un esterno netto, tagliente, quasi documentaristico. Una frattura analoga a quella subita da ogni essere umano, lo scompenso responsabile dello smarrimento, del penoso vagare su una mappa senza indicazioni che per l’uomo virtuoso si trasforma nel lasciapassare verso l’elevazione spirituale una volta decifrato l’enigma. Un’iniziazione pagata a caro prezzo che non prevede scorciatoie.
Regia: Louis Nero
Interpreti: Christopher Lambert, Rutger Hauer, Geraldine Chaplin, Michael Madsen, Franco Nero, Maria de Medeiros, Kabir Bedi, Marc Fiorini, Andrea Cocco, Marco Deambrogio, Walter Lippa, Diana Dell’Erba
Origine: Italia, 2016
Distribuzione: Fantastic Films International
Durata: 120′