The Cleaners – Quello che i social non dicono. L’intervista ad Hans Block

Abbiamo intervistato Hans Block, uno dei due registi che ha realizzato l’inchiesta. Una chiacchierata sul film e le sue rivelazioni, ma anche sullo stato della società con l’avvento dei social media

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Dopo aver destato molto successo allo scorso Sundance Festival arriva nelle sale The Cleaners – Quello che i social non dicono, un’inchiesta che racconta la vita di ragazzi filippini che di fatto controllano manualmente migliaia e migliaia di contenuti caricati sui social in tutto il mondo. Il film arriva in sala in Italia dal prossimo 14 aprile. Abbiamo fatto due chiacchiere con Hans Block, uno dei due registi che ha realizzato il film.

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Ci racconteresti quali sono stati gli step per arrivare a questi ragazzi, a questi cleaners che puliscono la rete in incognito? Come avete fatto ad arrivare nelle Filippine per rintracciarli?

Tutto è cominciato ben sei anni fa, quando scoprimmo il video hard di una bambina insieme ad un adulto, postato su Facebook e poi subito rimosso. Era un video scioccante, allora abbiamo iniziato a chiederci “perché succedono cose di questo tipo?”. In realtà era ed è tutt’ora pieno di crudeltà sul web, ma sui social media queste cose ci sembravano molto più controllate. Da allora abbiamo iniziato a lavorare per cercare di rispondere a questa domanda: “c’è per caso qualcuno che lavora per ripulire i social, indicandoci cosa vedere e cosa no?”. Così siamo riusciti a scoprire che a sbrigare questa faccenda non erano delle intelligenze artificiali, bensì persone in carne ed ossa.

Nel 2013 scopriamo che a Manila c’era uno di questi “punti di pulizia” e ciò ci interessava su due fronti distinti perché da una parte era interessante parlare con delle persone che per mestiere sono costrette a guardare continuamente contenuti cruenti come mutilazioni, abusi, attentati, mentre dall’altro lato ci chiedevamo quale fosse il limite tra censura della libertà di pensiero e l’effettiva esigenza di limitare questi contenuti.

The Cleaners

Allora abbiamo iniziato a cercare questi ragazzi a Manila e la cosa è stata abbastanza complicata perché molte compagnie di social media hanno nomi differenti, non c’è il sistema di comunicazione “occidentale” a cui siamo abituati. La cosiddetta BPO Industry lì è qualcosa di enorme e per noi era davvero complicato immaginare quali compagnie lavorassero per i social media.

Questo ci ha portato via un sacco di tempo! Abbiamo collaborato con molti studenti  dell’università delle Filippine per scoprire il più possibile in riguardo a queste persone ed allora abbiamo scoperto che i cleaners lavorano in incognito, non gli è consentito raccontare di cosa si occupano veramente, ed anzi sono costretti a dire il nome di una compagnia fittizia. Proprio da contratto non possono raccontare ciò che fanno nemmeno ai propri genitori o amici. Sembrava di essere in una crime story!

Quindi siamo riusciti con fatica a metterci in contatto con loro ed inizialmente abbiamo cercato di costruire un rapporto di fiducia tra noi, senza mai parlare del loro mestiere. Poi incredibilmente alcuni di loro hanno iniziato ad accennarci qualcosa sul loro vero mestiere, in maniera graduale, fin quando alla fine ci hanno raccontato tutto.

Una delle scene più esplicative in The Cleaners è quella in cui una delle ragazze, guardando la foto di un uomo decapitato, riconosce che tipo di coltello è stato utilizzato e ne spiega il motivo, indicando che tipo di taglio è stato fatto sulla carne. Quanto questa continua esposizioni ad immagini violente ha influenzato il loro modo di vivere?    

Il fatto di selezionare migliaia e migliaia di immagini di questo genere ha generato degli effetti collaterali su di loro, simile ad una sorta di disturbo post traumatico. Abbiamo parlato con uno psicologo a Berlino e ci ha detto che questa patologia è chiamata “traumatizzazione secondaria”. In generale se passi giornate intere di fronte a delle immagini su uno schermo e lo fai in maniera ripetitiva questo comporterà dei danni alla tua salute mentale. Ti do qualche esempio: questi ragazzi non sono più in grado di avere relazioni sentimentali perché a forza di guardare video ed immagini pedo-pornografiche la loro gamma dei sentimenti diventa totalmente distorta. Per lo stesso motivo, i ragazzi hanno difficoltà a trascorrere del tempo nei luoghi pubblici ed alcuni sono persino arrivati al suicidio.
Questo perché le compagnie di social media non forniscono loro un adeguato percorso psicoanalitico che li supporti parallelamente al lavoro, e spesso questo tipo di pratiche si riduce a delle riunioni di gruppo a cui è presente anche un supervisor, in cui lo psicologo chiede “come ti senti?” e tutti guardano per terra, troppo impauriti per rispondere. Così il livello di suicidi in questo ambiente rimane molto alto. I ragazzi sono terrorizzati all’idea di poter perdere il lavoro visto che nelle Filippine la precarietà lavorativa è molto elevata ed The Cleanersinoltre da quel salario magari dipende un’intera famiglia.

Un’altra importante questione che mette in campo The Cleaners è che i social media stanno mettendo in discussione la nostra democrazia. Durante il film ci sono degli esempi come Donald Trump negli USA o Duterte nelle Filippine. Ma la lista delle democrazie in pericolo potrebbe essere molto più lunga, passando dal Brasile fino ad arrivare in Europa. Abbiamo quindi la possibilità di invertire questa rotta lasciando internet  così com’è?

Sì, condivido il fatto che i social media stiano diventando un luogo pericoloso, potenzialmente dannoso per molti. La tendenza è quella ad escludere le minoranze, a creare maggior divisione ed odio sociale, c’è persino chi promuove i genocidi come mostriamo nel film in riguardo al Myanmar.
Ciò su cui dobbiamo concentrarci è il fatto che non possiamo lasciare in mano a delle lobby digitali i nostri diritti e le nostre garanzie di cittadini. È paradossale il fatto che internet sia stato concepito per tenere più unito e vicino il mondo ed invece oggi il mondo è più diviso che mai. Tutto sta in mano a pochi portali, Facebook, Google, Twitter e pochi altri, il cui unico profitto è generato dal fatto che usiamo i loro servizi. Queste compagnie hanno un solo obbiettivo, che è fare profitto. Sono compagnie private, quindi non hanno l’obbiettivo di educare o rendere stabile la società, l’informazione, il giornalismo.

Sento spesso dire che le Dot Company siano semplicemente tecnologia e che dunque sei tu a decidere come utilizzare i loro servizi. In realtà è il sistema di flussi sulla rete a far fare affari a queste compagnie, dunque a loro conviene far leva sui post con la capacità di diventare virali, che il più delle volte sono proprio quelli più violenti e pericolosi. È un sistema distorto, quindi sì, internet è in pericolo perché deve tornare nelle mani degli utenti e non tra quelle delle compagnie private!

Visto che è soltanto una questione di profitti, pensi che un giorno i social media possano cambiare soltanto per fare del bene al genere umano, per diventare servizi educativi o cose di questo tipo?

È difficile da dire. Penso che dovremmo ripensare l’idea di internet da capo a piedi, capire che i vecchi sistemi con cui  siamo stati abituati a convivere non valgono più per tenere a bada le nuove tecnologie. Dobbiamo combattere per ottenere nuove regole che consentano di gestire al meglio la nostra sfera pubblica sui social media.

Un’ ultima domanda. Cosa pensi della legge sul copyright a cui sta lavorando l’UE in questo periodo?The Cleaners

È una situazione molto controversa. Quando parliamo di compagnie che applicano dei filtri a dei contenuti, o che si prenderanno cura di certi contenuti, noi dobbiamo tener presente che le intelligenze artificiali non sono abbastanza capaci di gestire situazioni così complesse. Ti dico il motivo: i bot possono essere la soluzione per grossi problemi come moderare il lavoro delle persone e renderlo meno stressante, ma in generale, questi sistemi di machine learning non sono in grado di analizzare le cose. Di certo sanno distinguere che il soggetto di una foto è una sedia o un fiore, ma ciò che davvero importa è il contesto che rappresenta l’immagine. Quel contesto può fare la differenza ad esempio nel distinguere l’arte dalla propaganda, e ciò rende più complicata la scelta di cosa eliminare. Necessariamente quindi ci devono essere degli uomini dietro questo tipo di decisioni. Perciò, quando parliamo della nuova legge che è già stata firmata in Parlamento, dovremmo pensare che è davvero pericolosa per gli utenti perché i contenuti di chi naviga potrebbero essere automaticamente cancellati dalle stesse  company, impaurite dall’idea di dover pagare più tasse, a causa della nuova legge.
In questo modo la libertà di pensiero è davvero in pericolo. D’altro canto è evidente che le leggi sul copyright vadano ristrutturate, ma i politici non riescono a trovare soluzioni valide per il semplice fatto che non capiscono cosa stia succedendo, non conoscono davvero bene le nuove tecnologie ed allo stesso tempo sono sotto pressione perché urge un’inversione di rotta al riguardo. Quindi si sta preferendo agire in una maniera errata pur di dimostrare che qualcosa si sta muovendo, ma ciò farà molto male ad Internet.

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