The Concierge, di Yoshimi Itazu
Evoca con naturalezza la coesistenza (qui utopica) tra regno umano e regno animale, connettendola a quel senso di nostalgia “sognata” tutto giapponese, di cui ogni immagine del film sembra caricarsi.
“Natsukashii”. È a partire da questa parola, traducibile in italiano con il termine “nostalgia” e pronunciata più volte dalla protagonista nel corso del racconto, che possiamo decodificare tutte le istanze di The Concierge, e il senso che si annida dietro ogni sua soluzione, sia estetica che puramente narrativa o tematica. Diversamente da come siamo soliti intenderla noi, l’evocazione nostalgica esaltata dal vocabolo in questione non riguarda un evento o un fenomeno di cui abbiamo avuto esperienza diretta e a cui vorremmo, metaforicamente, ritornare: al contrario; il senso di nostalgia del natsukashii rimanda a luoghi o sensazioni spesso anche solamente idealizzati, ma che per ragioni ignote alla coscienza, ci appaiono familiari, come se l’oggetto da cui nasce il sentimento portasse, chi lo sta esperendo, ad immaginare una connessione “atavica” con lo stesso. Fattore a cui l’adattamento filmico dell’omonimo manga di Tsuchika Nishimura desidera legare tutte le riflessioni, fino a restituire allo spettatore la cristallizzazione, in forma animata, di questo afflato nostalgico per un qualcosa che non si è vissuto, e che rischia nel contempo di scomparire.
Come recita il titolo, The Concierge racconta, di fatto, la storia di una giovane dipendente in prova presso i Grandi Magazzini Hokkyoku, frequentati però non da esseri umani, ma da una clientela composta esclusivamente da animali antropomorfi. Akino è alle prime armi, e sotto lo sguardo vigile del suo attento supervisore, deve imparare ad interfacciarsi con tutte le varie “specie” di clienti animaleschi, ed offrire loro i giusti consigli a seconda della personalità e dei tratti caratteriali di ogni singola razza con cui si confronterà durante le sue attività lavorative. E più la ragazza adegua il suo comportamento nonché le sue strategie comunicative ai variegati personaggi che dovrà consigliare, più emergono i temi animalisti – e forse anche umanisti – su cui si fonda la narrazione. E che il regista Yoshimi Itazu (qui al suo debutto cinematografico) riesce ad evocare con naturalezza proprio connettendoli a quel “senso di nostalgia sognata” di cui sembrano innervarsi le tematiche del film, e che trapela anche dalla stessa cornice estetica del racconto.
La volontà del cineasta di esaltare come possibile la coesistenza tra regni opposti, e di stigmatizzare nel contempo le atrocità storicamente commesse dagli uomini nei confronti degli animali a fini puramente egoistici/consumistici (creazioni di pellicce, commercio di avorio ecc.) assume rilievo in The Concierge proprio grazie alla presentazione di un mondo utopico, idealizzato, di cui lo spettatore non ha mai avuto esperienza diretta (secondo, appunto, i canoni del natsukashii) e il cui spirito nostalgico viene cristallizzato sia attraverso il percorso edificante di Akino, sia mediante il calore tenue delle immagini. E malgrado il film rischi spesso di edulcorare la materia che racconta, soprattutto per quanto riguarda le pressioni sul posto di lavoro a cui una salarywoman come Akino dovrebbe essere solitamente sottoposta in Giappone, non è comunque casuale che gli animatori di Production I.G – il celebre studio di Ghost in the Shell e della saga di Patlabor – deleghino alla sinuosità delle rotondeggianti linee grafiche, e al tepore delle illuminazioni, quel senso di nostalgia per un sogno che è destinato a non verificarsi mai, e in cui però il film crede ciecamente. Al di là della sua illogicità di fondo.
Titolo originale: Hokkyoku Hyakkaten no Concierge-san
Regia: Yoshimi Itazu
Voci: Natsumi Kawaida, Takeo Otsuka, Nobuo Tobita, Megumi Han, Natsumi Fujiwara, Eiji Yoshitomi, Jun Fukuyama, Yuichi Nakamura, Kenjiro Tsuda, Danshun Tatekawa, Sumi Shimamoto, Minako Kotobuki, Hiroshi Yanaka, Kana Hanazawa, Miyu Irino, Ayumu Murase
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 70′
Origine: Giappone, 2023