The Cyan’s Anthem. Il fumetto di Lucia Biagi
La graphic novel della fumettista pisana gioca tutta su tricromie formali e semantiche, da cui emergono le gioie, i dolori e le piccole speranze di una società sì distopica, ma sempre reale
Si può trascendere il destino, se questo è già scritto e inciso come una sentenza su pietra? Sembrerebbe essere questa la cornice in cui si muovono Liv, Roman, Becca, Yari, Emil e Mina, i sei protagonisti di The Cyan’s Anthem, la nuova graphic novel firmata da Lucia Biagi, uscita per Eris Edizioni lo scorso ottobre. Tra passato e presente, ogni azione, scelta o gesto dei personaggi è motivato e racchiuso in un colore specifico, che nella sua brutale singolarità anticipa dei percorsi (o barriere) forse impossibili da sconfinare.
Nell’opera di Lucia Biagi – la prima in cui adotta un registro tricromatico – il ciano, il magenta e il giallo non sono da intendere come meri strumenti di colorazione: ognuno di essi, applicato ai design dei rispettivi protagonisti, descrive infatti tre stili e modi di vivere diversi, a partire dalle classi sociali e dagli specifici orizzonti futuri che sottendono. E finché sono adolescenti, i sei amici di The Cyan’s Anthem non prestano attenzione alle differenze e ai significati che si nascondono come anatemi sotto la superficie cromatica. Eppure, non appena assaporano il gusto dell’età adulta, separati ormai da vent’anni di traumi sopiti e mai realmente affrontati, ecco che vengono risospinti verso traiettorie disparitarie e discriminanti, dove tutto è precostituito, atteso e (già crudelmente) definito.
Nell’intrecciare il passato e presente ad un racconto di scoperta e rinascita, The Cyan’s Anthem si districa sin da subito tra filoni e pensieri molteplici, tracciando confini e barriere difficili (ma non impossibili) da sfidare. I legami d’amicizia diventano così le lenti attraverso cui rileggere non solo le istanze più sensibili dell’animo umano, dai ricordi ai dolori personali, ma anche i fenomeni oppressivi di una società simile alla nostra, proprio perché distopica. Insomma, il mondo creato da Lucia Biagi non racconta altro che noi. Ci parla delle fragilità e delle sofferenze che patiamo, ma anche di gioie e (piccole) speranze che contraddistinguono la nostra quotidianità. E se funziona, forse, è proprio per questa sua capacità di rifrangere la realtà. E di essere incessantemente umano.