The Dark and the Wicked, di Bryan Bertino

Un horror vecchio stile, puro e semplice, allegoria del terrore dell’ignoto. Dal regista di The Strangers. In Le Stanze di Rol

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«Io sono morta… sono già morta», ha scritto a chiare lettere la madre dei due protagonisti. Il diario viene ritrovato dopo la sua effettiva dipartita, misteriosa e sconvolgente. E mentre si ritrovano ad accudire il padre malato, Louise e Michael devono anche affrontare una serie di inaspettate prove. Avvenimenti strani, apparizioni, scontri. Ad esempio, la comparsa repentina di un prete con cui la donna – seppure non credente – aveva interagito per timore di affrontare la situazione da sola. Però c’è anche il ricordo della sua voce mentre afferma che non sarebbero dovuti venire a trovarli. La casa è isolata, sperduta in una campagna americana che si crederebbe ormai storia e invece è ancora presentissima. Il vicino più vicino è Charlie, amico dell’anziana coppia e aiutante nel lavoro con l’allevamento, il quale rimarrà invischiato suo malgrado nella vicenda. Il diavolo, dunque, fa capolino nell’esistenza di queste persone. Una famiglia in balia del lutto e della paura. The Dark and the Wicked si presenta subito come un horror vecchio stile, puro e semplice nei suoi meccanismi rappresentativi e perciò nelle sue peculiarità teoriche. A ben vedere, proprio nella basilarità delle dinamiche, lo si potrebbe accogliere come allegoria del terrore dell’ignoto.

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«Non importa in cosa voi crediate… Pensi che al lupo interessi se tu credi che lui sia un lupo quando lo incontri nella foresta?». Le parole di Padre Thorn (“spina”, nomen omen) non potrebbero essere più esplicite. La morte cala sui personaggi lentamente – «So che è lì, nell’oscurità, che aspetta», sempre nel diario – e inesorabilmente li priva di ogni sicurezza. Così, senza bisogno di sovrastrutture retoriche o grandi manifesti politici, The Dark and the Wicked si impone coi suoi cliché e la sua ricchezza espressiva, prendendosi anche molto sul serio. Il film di Bryan Bertino (The Strangers, se vi manca, è da recuperare) dimostra quanto sia importante per il cinema di genere che vuole specchiare il mondo ritrovare prima se stesso. Quanto sia necessario per i film tornare a essere discorsi filmici, invece di inseguire gli impossibili modelli narrativi della nuova serialità. Qui c’è tutto ciò che trovate anche in Haunting Hill House, ma con meno minutaggio e molta più sostanza. Come l’idea di chiamare il protagonista maschile Michael, ovvero l’arcangelo che scacciò Lucifero dal Paradiso, però armandolo di un coltellino invece che di una spada.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (11 voti)
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