"The Dark", di John Fawcett

Un altro horror che presenta la fanciullezza come soglia oscura in cui l'innocenza si confonde con il perturbante. Qui però non sono in gioco i destini del mondo, come nel filone delle filiazioni diaboliche, ma i legami familiari grondanti sensi di colpa. Una metafora purtroppo indecisa tra derive di genere e affondo sociale.

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Adéle accompagna la figlia, Sarah, a trovare l'ex-marito, James, da poco trasferitosi in una casa isolata sulla costa gallese. Tra le due c'è qualche dissapore non ancora riassorbito, per questo la ragazza è impaziente di rivedere il padre. Quando il nucleo famigliare si riunisce, tutto sembra comunque rientrare nei ranghi della normalità. Almeno fino a quando Sarah non scompare, inghiottita dalle onde dell'oceano. Adèle e James sono disperati, distrutti dal dolore. Mentre l'uomo si getta insieme alla polizia nelle estenuanti ricerche della bambina, la donna continua ad avere delle visioni su una ragazzina molto simile alla figlia. Il canadese John Fawcett, regista del sottovalutato Ginger Snaps (da noi uscito solo in dvd con l'assurdo titolo Licantropia: Evolution), torna a indagare l'abisso dei legami famigliari nella loro traballante instabilità. In quel film prendeva in considerazione il frantumarsi del rapporto tra due sorelle ancora adolescenti – largamente isolate dai coetanei, eppure in competizione tra loro – utilizzando la metafora dell'ibrido uomo-lupo (il risveglio del lato animalesco, istintuale, sensuale). In questo caso indaga la relazione madre-figlia, un coacervo di pulsioni fatto di risentimenti, invidie, non detti che rischiano di far naufragare il reciproco desiderio affettivo: a fare da propulsore il tipico impianto da racconto di fantasmi. Gli spiriti segnano l'evanescenza dei rapporti, la loro caducità, ma rappresentano anche il livore che si trasmette come una maledizione, che ritorna sempre, impedendo di sfuggire ai sensi di colpa. Il problema non è infatti soltanto scoprire chi sia e da dove venga la bambina misteriosa, quali siano le sue motivazioni e la sua storia, ma anche scendere a patti con i comportamenti del passato, accettare la loro influenza sul presente (la lite tra madre e figlia, di cui inizialmente si vedono solo frammenti, che rischia di incrinare il loro legame). The Dark si mantiene così su un duplice binario: da una parte semplice storia fanta-horror, con la fruttuosa rielaborazione di leggende gallesi (l'Annwn, sorta di Ade celtico, elemento colorito, ma in qualche modo esterno alla storia); dall'altra tentativo di andare oltre la rappresentazione idilliaca della famiglia quale nucleo perfetto di amore e buoni sentimenti. Scegliendo questo percorso, il film prova a mescolare le istanze estetiche di A Venezia un dicembre rosso shockingDon't Look Now, di Nicolas Roeg (1973), e i riflessi prospettici del new horror giapponese, in particolare Dark Water di Nakata Hideo (2002): Il risultato poteva aspirare a una rivisitazione meno sottile, ma più sibillina e contundente, di Beloved, di Jonathan Demme (1998). Ma se il film tratto dall'omonimo e intenso romanzo di Toni Morrison riusciva a sublimare la malinconia della perdita e il dolore della morte di una figlia grazie a presenze fantasmatiche (in un contesto, quello delle lotte razziali statunitensi, peraltro del tutto diverso), The Dark si perde per strada, cadendo vittima delle convenzioni di genere. Il sottotesto familiare è sfruttato solo a metà, e i numerosi colpi di scena finali rivelano un inceppamento del meccanismo narrativo, troppo concentrato nel creare facili brividi (spesso affidati al solo compartimento sonoro, tra cigolii e sussurri), piuttosto che nel tirare le fila di una metafora fino a quel punto avvincente.

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Titolo originale: id.


Regia: John Fawcett


Interpreti: Maria Bello, Sean Bean, Maurice Roeves, Sophie Stuckey, Abigail Stone


Distribuzione: Mediafilm


Durata: 93'


Origine: Inghilterra/Germania, 2005

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