The Dead Don’t Hurt – I morti non soffrono, di Viggo Mortensen

Il secondo film da regista dell’attore ha un passo sospeso e dolente nell’approccio a un western dichiaratamente femminista, ma alle intenzioni non corrisponde il risultato.

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C’è un lampo alla Walter Hill nell’iniziale sparatoria nel saloon e nella scena in cui il pianista viene brutalmente aggredito per aver suonato una canzone sbagliata. Mortensen, al suo secondo film da regista dopo Falling. Storia di un padre, si approccia al western come regista a 66 anni portandosi forse dietro soprattutto la sua esperienza come attore in Appaloosa di Ed Harris in cui ha interpretato il ruolo del vice-sceriffo Everett Hitch. Al di là di qualche similitudine narrativa – anche qui c’è un killer che ha instaurato sulla comunità un clima di terrore, in questo caso protetto dal padre che controlla la legge e gli affari del luogo a suo piacimento – guarda soprattutto al suo respiro e alle sue immagini classiciste (l’attraversamento del fiume in campo-lungo, l’inseguimento a cavallo) oltre a portarsi addosso i segni della Storia e della guerra.

Ambientato a metà Ottocento, The Dead Don’t Hurt. I morti non soffrono racconta l’incontro tra l’immigrato danese Holger Olsen (interpretato dallo stesso Mortensen) che ha da poco seppellito la moglie e la fioraia franco-canadese Vivienne. Decidono di trasferirsi in una cittadina del Nevada per rifarsi una nuova vita. Lei lavora nel saloon locale e respinge spesso le pesanti avances di Weston Jeffries, figlio del potente boss locale. Poi Holger decide di arruolarsi volontario con l’Unione nella Guerra Civile. Quando torna a casa dopo diversi anni, vede che qualcosa è cambiato.

The Dead Don’t Hurt. I morti non soffrono punta ai tempi alla Clint Eastwood e alla malinconia di Costner di Horizon: An American Saga e susseguente capitolo 2 nell’approccio di un western dichiaratamente femminista, che segue il punto di vista di Vivienne, portata sullo schermo da Vicky Krieps più efficace nel mostrare la brutalità del suo personaggio mentre appare a disagio con dialoghi che non sembrano appartenergli e nel frammento mélo nella cena in cui scoppia a piangere. Il passo è sospeso, dolente, ma i dubbi su Mortensen regista, già evidenti nel suo comunque riuscito esordio alla regia, qui si fanno più evidenti soprattutto nel mettere a fuoco i conflitti. Accenna, seduce ma poi spegne la sua natura sepolcrale, si prende il suo tempo però finisce per indugiare prima del finale. Restano soprattutto i flashback dell’infanzia di Vivienne con il libro su Giovanna d’Arco che la madre le legge oltre ai flash visionari con il cavaliere nel bosco. Erano le tracce che potevano allontanare The Dead Don’t Hurt da una strada già tracciata. Invece s’imbatte in una descrizione socio-storica sull’immigrazione non riuscendo però neanche a far interagire, anche a livello di suoni, le diverse lingue. Così c’è uno scarto evidente tra le intenzioni e il risultato, segno di un film che non è riuscito a mantenere quello che aveva promesso.

 

Titolo originale: The Dead Don’t Hurt
Regia: Viggo Mortensen
Interpreti: Vicky Krieps, Viggo Mortensen, Solly McLeod, Garret Dillahunt, W. Earl Brown, Danny Huston, Shane Graham, Rafel Plana
Distribuzione: Movies Inspired
Durada: 129′
Origine: Canada, Messico, Danimarca 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
3.33 (3 voti)
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