"The Eye 2", di Danny e Oxide Pang

Sempre attenti a sperimentare nuove possibilità di manipolazione del racconto cinematografico, i registi asiatici tentano la carta di un sequel riequilibrato sul versante intimo, desideroso di esplorare i timori che circondano la vita e la morte.

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Autori come sono di un cinema capace di manipolare, con contagioso divertimento, la materia stessa di cui si compone il racconto per immagini, i fratelli Pang costituiscono un interessante fenomeno cui fortunatamente anche il pubblico occidentale sta avendo accesso con una certa continuità. I loro film sono sempre percorsi da una febbricitante voglia di plasmare e reinventare a ogni passo spazi e tempi della storia, percorrendo gli ambienti con virulenza, attraversando i muri e dando così forma a un set totalmente mentale e  liberamente percorribile. Non geniali come un Takashi Miike, i Pang offrono comunque delle intriganti possibilità di radiografare la sostanziale evanescenza del "piccolo" mondo globalizzato e iperveloce.

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Eppure, nel dare forma al sequel del loro fortunato The Eye, i due fratelli terribili cambiano inaspettatamente registro accentuando il ripiegamento intimo che già aveva caratterizzato il predecessore. Nell'iscrivere la vicenda sul volto e nei gesti della protagonista Joey Cheng (una intensa Shu Qi, già in Millennium Mambo di Hou Hsiao Hsien), i Pang danno forma a un film femminile, che non ossequia particolarmente la tradizione dell'Horror orientale. O meglio, questo aspetto è presente, ma costituisce la componente più stanca e deludente del film, esageratamente adagiata com'è su un'iconografia di riporto, fatta di spiriti inquieti dai lunghi capelli, ormai usurata dalla sovraesposizione (di Sadako, in fondo, ne basta una).

Viceversa il film trova i suoi picchi espressivi nella tensione emotiva suscitata dal timor panico cui la protagonista si arrende e che dà forma all'afflato tragico naturalmente insito nel ciclo vita-morte-vita. Ossequiando i dettami del Buddhismo e della reincarnazione, i Pang ne mettono contestualmente in luce una inedita componente "nera", che testimonia della grande afflizione, dei timori e della difficoltà cui la nascita di ogni vita (e cui la perdita di ogni persona cara) naturalmente soggiace.


Altrettanto esatto, comunque, è constatare come questa direzione risulti incanalata a fatica nella struttura narrativa del film, proprio a causa della difficoltà dimostrata dai due registi di coniugare le due anime del racconto, quella intima e quella invece più schiettamente di genere. Prova più alta ne sia il risibile "colpo di scena" che accommiata lo spettatore dalla visione. Resta dunque da vedere come si evolverà l'opera dei due fratelli asiatici e se, in futuro, progetti più personali e meno legati alla necessità di dare seguito a un successo precedente riusciranno a coniugare meglio queste due anime del loro cinema. In ogni caso, siamo fiduciosi, il loro lavoro non cesserà di risultare stimolante.

Regia: Oxide Pang e Danny Pang


Interpreti: Eugenia Yuan, Oi Shu, Jesdaporn Pholdee, Philip Kwok, May Phua


Distribuzione: Eagle Pictures


Durata: 98'


Origine: Hong Kong/Thailandia, 2005

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