The Founder, di John Lee Hancock

The Founder evita con coraggio la solita denuncia del grande satana di McDonald’s. La vera storia del suo fondatore è complice dell’entusiamo e delle meschinità che muovono il sogno americano

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John Lee Hancock non è nuovo nel compito di maneggiare dei biopic su dei famosi affabulatori. Il suo ritratto di Walt Disney in Saving Mr. Banks occultava abilmente quel lato oscuro che ha fatto la fortuna dei resoconti complottisti. La sua versione tratteggiava uno scaltro uomo d’affari che si era completamente dedicato alla missione di correggere il suo passato e quello del suo pubblico attraverso il cinema. I suoi sforzi di convincere la bisbetica Pamela Travers a cedergli il personaggio di Mary Poppins si trasformavano per estensione in una captatio benevolentiae verso lo spettatore. L’operazione di The Founder è analoga e si rivolge verso un altro dei simboli più invadenti e controversi della cultura americana. Walt Disney ha costruito una parte consistente dell’immaginario occidentale mentre Ray Kroc ha cambiato le sue abitudini alimentari e ha fondato un nuovo modello industriale. L’impostazione del film è molto più audace rispetto a quella univoca con cui altri titoli hanno trattato il tema del grande satana di McDonald’s. La sua tesi è che l’assenza di limiti del sistema americano ha un potere attrattivo tale da travolgere anche le buone intenzioni e lo spirito d’iniziativa dell’azienda familiare. La metamorfosi di Ray Kroc da sfortunato commesso viaggiatore ad avido speculatore è anche il rito di passaggio dalla piccola economia dei fifties a quella senza identità delle corporation.

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John Lee Hancock non sceglie la strada della condanna ma preferisce essere complice della sana ambizione e delle meschinità del suo eroe. Il discorso con lo sguardo in macchina con cui l’uomo prova a piazzare i suoi multimixer non è rivolto soltanto ad una pletora di scettici ristoratori ma anche a tutta la platea. I suoi tentativi frustrati di inseguire il sogno americano in attesa dell’idea vincente ispirano la sintonia empatica con gli outsider. Il momento più simbolico di The Founder è quello in cui Ray Kroc tocca il suolo dove sorgerà il suo primo locale affiliato e cerca di indovinare la sorte dell’impresa su cui ha messo a rischio tutto quello che ha. La consapevolezza acquisita che quel fast-food del Midwest diventerà un impero non impedisce di condividere la sua speranza di successo. John Lee Hancock sposa completamente il punto di vista di un uomo senza talento ma ossessionato da una visione. L’irrefrenabile volontà di potenza della terra delle opportunità travolge i due fratelli ingenui che avevano inventato la formula e avevano dato il nome al primo McDonald’s di San Bernardino. Ray Kroc rubò l’idea a due simpatici signori che volevano proteggerla dal mostro del profitto ma il loro ruolo nella vicenda non va oltre quello delle vittime sacrificali. Il loro dramma di essere stati ingannati e di aver perso tutto non è interessante come la personalità di chi li truffa lentamente. Anzi, è molto più significativo considerare come la coppia si lasci convincere ogni volta dalla retorica di chi non meriterebbe fiducia.

Il profilo del protagonista è molto simile a quello di altri controversi magnati dell’industria americana che hanno fatto fruttare l’ingegno di qualcun altro. Ray Kroc vuole diventare un capitano d’industria per ribaltare la sua storia personale di comparsa e finisce per rivendicare lo status di padre fondatore. McDonald’s non doveva essere soltanto una catena di ristoranti di successo ma doveva diventare un pilastro della società e un’icona riconoscibile ovunque. Una presenza capillare che proponeva un punto d’incontro tra la ricchezza sfrenata con i sani valori familiari della provincia americana. L’instancabile frenesia di realizzare questo progetto titanico lo porta a fare di tutto pur di rimuovere gli ostacoli tra la situazione reale e la sua percezione ideale. The Founder conserva un occhio benevolo e volontariamente ambiguo su tutte le scappatoie e le trame che è capace di costruire.
Michael Keaton ha il carisma sufficiente ad affrontare la sfida di rendere piacevole un uomo senza scrupoli e regge con disinvoltura il peso del film. La sua capacità di sfiancare a chiacchiere un interlocutore onesto ricorda quella con cui convinceva il timido Henry Winkler a diventare un pappone di Night Shift di Ron Howard. Il regista dimostra di non poter fare a meno di una forte prestazione del cast ma anche di saperla valorizzare. John Lee Hancock portò all’Oscar Sandra Bullock con The Blind Side e anche questa volta regala alla sua star la sensazione di avere un ruolo cucito su misura.


Titolo originale: id.

Regia: John Lee Hancock
Interpreti: Michael Keaton, Linda Cardellini, Patrick Wilson, Nick Offerman, Laura Dern, John Carroll Lynch, B.J. Novak
Distribuzione: Videa
Durata: 115′

Origine: USA, 2016

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