"The Good Girl", di Miguel Arteta

Senza rinunciare all'ironia e a momenti di candore assoluto, la pellicola alterna le tonalità drammatiche a quelle comiche, senza per questo rinunciare al vuoto, alla sofferenza e al disagio esistenziale che lega tutti i personaggi. Uno sguardo penetrante sulle nostre paure, sulla difficoltà a vivere e sulla necessità di sentirsi diversi

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Ritratto desolante della provincia americana, dove il sogno promesso di felicità si è definitivamente infranto, il film di Miguel Arteta si colloca in una dimensione dove regnano le frustrazioni e le illusioni e dove una storia d'amore, iniziata per dare un senso alla noia, si traforma in una preannunicata tragedia. Jennifer Aniston, nella sua esemplare interpretazione di Justine, è il ritratto di questa assenza di vita nel piccolo paese texano. Trentenne, omologata, impiegata in un supermercato, un futuro che non esiste, vive con abulica rassegnazione il fallimento della sua condizione di adulta. La sua esistenza scorre con una lentezza scandita dal ritmo costante della routine. Davanti a lei passano volti che non nascondono più segreti, ascolta quei suoni ripetuti così tante volte da non aver nessun senso, compie quei gesti automatici. Justine è diventata una buona ragazza, inerme, inutile, adattabile e disperatamente rassegnata. Non c'è più salvezza nè redenzione. Justine vive una vita alla quale ha smesso di credere. Il passaggio dal modello adolescenziale, ricco di sogni e di promesse, a quello adulto, vuoto, senza ormai più ideali nè punti di riferimento, avviene con lo scorrere dei giorni, delle stagioni, degli anni che le passano accanto senza che lei possa accorgersene. Il suo sguardo vago, spento, il suo inutile peregrinare tra lavoro e la propria casa, dove l'attende un marito praticamente inesistente, riempiono le sue inutili giornate.  In questo desolante panorama il suo incontro con il "giovane Holden" (all'anagrafe Tom, il "suo nome da schiavo") interpretato da Jake Gyllenhaal, si contraddistingue per la reciproca volontà di ribellarsi, di uscire dal letargo in cui si trovano. Dapprima intellettuale (sono infatti i suoi racconti disperati e allucinati, a far breccia nel cuore della ragazza) la loro relazione si trasforma sempre più in complicità fisica che si concretizza nella notte d'amore nel motel. Punto di non ritorno che segna però il progressivo e definitivo allontanamento l'uno dall'altra e che preanuncia il drammatico epilogo finale, a sua volta inteso come liberazione.

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The Good Girl evidenzia la crisi esistenzale di un mondo e di un modello culturale che non hanno alternative, un tempo sul quale i personaggi non hanno controllo e un destino che li attende senza che le loro domande abbiano avuto una risposta. Senza rinunciare all'ironia e a momenti di candore assoluto, la pellicola alterna le tonalità drammatiche a quelle comiche, senza per questo rinunciare al vuoto, alla sofferenza e al disagio esistenziale che lega tutti i personaggi. Uno sguardo penetrante sulle nostre paure, sulla difficoltà a vivere e sulla necessità di sentirsi diversi per poter sopravvivere in un presente vuoto, in un mondo che non ci dà più nulla se non il ricordo dolciastro di quando bambini, guardavamo affascinati e rapiti (come dice la stessa Justine all'inizio del film), gli scaffali pieni di delizie. The Good Girl non offre soluzioni rassicuranti, ma induce a pensare al vuoto dell'esistenza umana.


 


Titolo originale: The Good Girl
Regia: Miguel Arteta
Sceneggiatura: Mike White
Fotografia: Enrique Chediak
Montaggio: Jeff Betancourt
Musica. Thomas Maxwell
Scenografia: Daniel Bradford
Costumi: Nancy Steiner
Produttore: Matthew Greenfield
Interpreti: Jennifer Aniston (Justine Last), Jake Gyllenhaal (Holden-Tom), John C. Reilly (Phil Last), Tim Blake Nelson (Bubba), Zooey Deschanel (Cheryl), Deborah Rush (Gwen Jackson), Mike White (Corny), John Carrol Lynch (manager)
Produzione: Matthew Greenfield per Flan de Coco Films/Hungry Eye Lowland Pictures/In-Motion AG Movie & TV Productions/Myriad Pictures/World Media Fonds
Distribuzione: UIP
Durata: 93'
Origine: USA, 2002

 

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