The Good Person, di Eitan Anner

Dal Tertio Millennio Film Festival di Roma, un film sulla perdita dell’identità personale, della fiducia in sé stessi, sull’adattamento ad una situazione nuova per sopravvivere.

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In concorso a Roma, all’interno della ventiseiesima edizione del Tertio Millennio Film Fest, il festival cinematografico del dialogo interreligioso, la nuova opera del regista americano Eitan Anner, The Good Person.
La 38enne Sharon (Moran Rosenblatt), un’ambiziosa e stacanovista produttrice di film d’autore originaria di Tel Aviv, si ritrova sull’orlo della bancarotta. Per salvare il proprio futuro decide quindi di collaborare con Uzi Silver (Rami Hoiberger), un tempo apprezzato regista divenuto poi rabbino ultraortodosso che vuole fare il suo ritorno al cinema, con un adattamento dell’epica storia biblica di Re Saul. Lo sforzo comune si rivela ben presto altamente problematico poiché Silver impartisce a Sharon ordini oltraggiosi e la tratta con leggerezza e disprezzo. Nonostante questo e il fatto di percepire l’uomo più come un nemico che come un collaboratore, Sharon decide di andare avanti solo per i propri interessi finanziari. Questo, purtroppo, per lei significa andare contro ciò che le sta più a cuore, che di fatto è anche la causa dei suoi guai finanziari e che l’ha spinta a sacrificare tutte le sue relazioni personali: il suo totale impegno con il cinema. Proprio quando sembra che il progetto stia per decollare, però, la tragedia colpisce e Sharon si rende conto che in gioco c’è molto più del suo destino finanziario.

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Il film è stato girato durante l’inverno, nel corso di 11 giorni tra il secondo e il terzo lockdown, nonostante la grande incertezza e i rischi legati al coronavirus. La pandemia ha elevato le tensioni tra i diversi gruppi a un livello di crisi che minaccia di lacerare l’intero tessuto sociale. Temi che in precedenza erano oggetto di dibattito e interminabili battaglie sono stati improvvisamente rivisitati, questa volta con le vite di tutti in gioco. La tensione si è fatta particolarmente conflittuale tra gli ultraortodossi e i laici, poiché l’adesione alle regole dell’emergenza statale veniva soppesata con l’adesione ai decreti rabbinici. Di cosa parla in fondo The Good Person? Della collaborazione tra una donna laica e un uomo ultraortodosso ed è quindi non solo “rilevante”, ma è urgente.

Temi centrali, in 86 minuti, sono la perdita dell’identità personale, della fiducia in sé stessi, l’adattamento ad una situazione nuova per sopravvivere, il cambiamento di paradigma, il non guardare una situazione con una sola ed unica prospettiva. Un racconto originale che in cui suona incessantemente un grido, come un campanello d’allarme, utile a riconoscere che è giunto il momento di ripensare, riconsiderare e re-immaginare la vita comune tra le comunità.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
3 (2 voti)
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