"The Hunting Party", di Richard Shepard

the hunting partyL'espressione "ispirata a una storia vera" si fa particolarmente interessante quando si riferisce a una sceneggiatura basata sui meccanismi del reportage giornalistico, in particolare dalle zone di guerra: soprattutto riguardo al concetto di verità dei fatti, e alla loro interpretazione, sulla possibilità di manipolazione o di filtro: The Hunting Party si esime dallo stimolare una simile riflessione. Fuori concorso al 64° Festival di Venezia

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the hunting partyL'espressione "ispirata a una storia vera" si fa particolarmente interessante quando si riferisce a una sceneggiatura basata sui meccanismi del reportage giornalistico, in particolare dalle zone di guerra: soprattutto riguardo al concetto di verità dei fatti, e alla loro interpretazione, sulla possibilità di manipolazione o di filtro, fa venire in mente un intervento in diretta televisiva di Jean-Luc Godard, ospite di un telegiornale nazionale francese, che si dichiarava disgustato dalle semplificazioni con cui l'anchorman di turno pretendeva di spiegare le meccaniche della narrazione dei conflitti. Naturalmente tali riflessioni non scaturiscono dalla visione di The Hunting Party, che per quanto si dichiari nelle intenzioni del regista Richard Shepard, orgogliosamente, "un film di denuncia", sembra nato per offrire un intrattenimento che poteva prendere in prestito qualunque altro argomento quale pretesto per far esplodere un po’ di dinamite. Quelli a cui alludeva Godard erano altri anni ed altre guerre (ma al di là della caratterizzazione sociale, politica e geografica del caso, e al di là di ogni retorica, lo stato di guerra e l'espressione della violenza sono paurosamente simili di epoca in epoca, di conflitto in conflitto): il giornalismo spettacolare raccontato in The Hunting Party ripercorre l’esperienza di Simon Hunt, celebre inviato, e del suo fedele cameramen, scampati a mille situazioni di pericolo, in particolare in Bosnia nel 1994, separati da un crollo nervoso di Hunt e di nuovo in pista nel 2000 a Sarajevo nel tentativo di rintracciare uno dei criminali più ricercati a livello mondiale, mandante di innumerevoli stupri, assassini e crimini di guerra, detto "La Volpe" (la cui comparsa sulla scena, con una metafora assai ermetica, viene sottolineata con una fuga nei boschi alternata alle riprese della corsa di una volpe vera e propria). Immediatamente si mettono in chiaro in modo piuttosto superfluo la componente adrenalinica e quella seduttiva, perfino erotica, del mestiere del cacciatore di immagini esclusive in missione nella zona bollente a contatto con la morte violenta, concetti sottolineati da ralenti, fermi immagine e altre strategie che cercano variazioni comico/grottesche e che potremmo definire blandamente guyritchiane – uno stile che ritorna per tutto il film con l'intenzione probabilmente di sottolineare la personalità di Hunt e la dose di humor necessaria a chi si trova quotidianamente di fronte all’orrore della cronaca (la comparsa di Chuck Norris in tv) ma si fa colpevole di accentuare le caratteristiche già troppo marcate dei protagonisti – il giornalista spaccone ma in gamba che vive il declino e la ghettizzazione a causa di un'invettiva in diretta, lo psicopatico e la sua accetta, il nano trafficante, il giovane giornalista raccomandato ingenuo ma volenteroso che si troverà a fare i conti con ciò che non insegnano ad Harvard, il cameramen d'assalto che abbandona l'amico in favore di una più tranquilla e redditizia carriera in studio, che gli garantisce successo e donne – a questo proposito, vale la pena di ricordare che a spezzare l'azione, nei rari momenti in cui funziona, intervengono con scelta suicida le inqualificabili telefonate del cameramen geloso alla sua fidanzata, che lo attende perennemente in bikini su uno yacht e perennemente pare sul punto di tirarsi su e improvvisare una performance in playback sullo stile di molto ciarpame visivo creato al servizio di giovani e procaci pop star di colore circondate dai fantasmi maschili dell'idraulico, del muratore, del giardiniere in levi’s consumati..Il film tenta in questo modo di mescolare avventura, thriller e momenti drammatici, ma è difficile tirare le somme di un'operazione che lascia a poche parole conclusive del giornalista Hunt (Richard Gere) il compito di paventare l'idea, non certo infondata e che non desta nessuna sorpresa, che molti criminali di guerra vivano indisturbati la loro condizione di ricercati a causa della connivenza o della protezione di alte sfere di poteri non meglio identificati, non riuscendo a meritarsi in alcun modo il campo d’azione della denuncia, ma neppure a portare fino in fondo la sua vena comica, che resta puro contorno privo di forza dissacratoria.

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Titolo originale: id.

Regia: Richard Shepard

Interpreti: Richard Gere, Terrence Howard, Jesse Eisenberg, Diane Kruger, James Brolin

Distribuzione: Mikado

Durata: 103’

Origine: Usa/Croazia/Bosnia-Erzegovina, 2007

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