The Jump, di Giedrė Žickytė

Dal #RomaFF15 il documentario che rievoca la vicenda, celeberrima in USA, del lituano Simas Kudirka e della sua assurda fuga in territorio americano negli anni ’70

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“Io sono un uomo semplice”. E’ questa la descrizione che fa di sé Simas Kudirka, protagonista del documentario lituano The Jump, incentrato su un episodio che ha segnato per sempre la vita dell’uomo.

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E’ il 23 novembre 1970, nel pieno della Guerra Fredda. Al largo dell’oceano Atlantico una nave sovietica e una motovedetta della Guardia Costiera statunitense si affiancano per prendere accordi sulla regolamentazione della pesca. Il marinaio Simas Kudirka vede nei saluti a braccia aperte e nei volti amichevoli degli americani la sua unica occasione di libertà e con un balzo atterra sulla nave battente bandiera USA, dove chiede asilo politico. Tradito dagli americani che lo riportano nelle mani dei sovietici, Kudirka viene condannato per diserzione a dieci anni di prigionia. Ma nel frattempo il suo gesto ha fatto il giro del mondo e ha raggiunto l’opinione pubblica americana, dando vita a manifestazioni di piazza che chiedono il suo rilascio. E’ lo stesso Kudirka, ormai novantenne, a raccontarci con grande enfasi ed emozione la storia della sua vita, dall’infanzia trascorsa sui pescherecci, alla tanto agognata libertà in terra straniera, accompagnandoci nei luoghi che sono stati scenario degli eventi, dalla nave americana Vigilant ai corridoi della prigione sovietica, fino alle strade del Bronx che l’hanno accolto e ospitato per più di trent’anni. Il ritmo incalzante e il progressivo disvelamento della storia sono supportati da un susseguirsi di rivelazioni e colpi di scena che tengono lo spettatore col fiato sospeso. Al racconto in prima persona di Kudirka, la regista sceglie di alternare le interviste ai membri dell’equipaggio della Vigilant e alle donne a capo dei movimenti di protesta per la sua liberazione, inserendo anche spezzoni di repertorio che mostrano gli interventi del presidente Nixon, sino ad arrivare ad una testimonianza di Henry Kissinger, all’epoca dei fatti segretario di stato e capo della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Dopo quattro anni di carcere Simas viene liberato e insieme alla sua famiglia può finalmente raggiungere la sua promise land, quell’America che per coloro che vivevano dietro la cortina di ferro rappresentava tutto ciò di cui erano stati privati: benessere, ricchezza e libertà. Privilegi di cui gli statunitensi non sembrano essere pienamente consapevoli, cosa che lascia Kudirka sbigottito e al contempo amareggiato. In America diventa un eroe, viene ospitato nei programmi televisivi, i bambini gli scrivono lettere piene d’ammirazione e curiosità, addirittura un giovane Alan Arkin veste i suoi panni in un film per la tv. Ma a lungo andare si rende conto che tutto questo non fa per lui. “Sono un uomo semplice”. Da rifugiato che ha trovato la sua salvezza prova ad aiutare altri come lui, senza mai riuscire a trovare ascolto e sostegno. E così nel 2007 torna a vivere in Lituania, in una casetta di legno che spunta tra i giunchi.

Permeato da uno sguardo in apparenza filoamericano che si riflette anche nelle scelte registiche e nel ritmo avventuroso della narrazione, The Jump non è interessato ad approfondire gli aspetti storico-politici alla base del fatto che racconta: è la storia di un uomo che, spinto dal più basilare e atavico dei desideri, compie un gesto semplice quanto impulsivo, senza badare ai rischi e alle ripercussioni, ma dettato solo dall’istinto di sopravvivenza. Ma è solo alla fine che le carte vengono scoperte: non si tratta del sogno americano rivelatosi illusorio, quanto della necessità di un uomo a cui è stato tolto tutto di abbracciare un’illusione pur di sottrarsi all’oppressione della dittatura. Nell’attesa di poter tornare a casa ed issare al vento la propria bandiera, fiero di poter vivere da uomo libero nella sua terra.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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