The Lost Bus, di Paul Greengrass
Il cineasta firma un film teso, essenziale, incandescente, che elegge l’uomo come primo principio di un cinema che accetta il caos come parte dell’ordine. Su Apple TV+.
Chissà cosa ha spaventato così tanto Paul Greengrass? Forse è stata la sfuggevolezza delle sue immagini, sempre più incontrollabili, caotiche, sempre più legate alla porosità di un digitale che mina i presupposti di cosa sia davvero reale. È il momento di chiederselo se è vero che, a ben vedere, anche altri della generazione di Greengrass sono stati atterriti da questa sorta di abisso dei dati, se è vero che perfino il granitico Michael Bay dopo il soverchiante Transformers 3 ha sentito il bisogno di sviluppare un progetto più intimo, controllato, come Pain & Gain, che tra le righe ha funzionato anche come occasione per riattraversare il suo immaginario classico, le sue riprese assolate, la sua Miami, come a voler fare ordine nelle sue ossessioni.
E forse non è un caso se Greengrass dopo aver chiuso la saga di Jason Bourne abbia costeggiato un cinema dalla forma sempre più contenuta, fino a esondare in Notizie dal mondo, un western magnifico e classicissimo, fordiano ma che rappresenta anche una mossa evidentemente protezionista da parte del regista, che sembra voler sfuggire all’elemento incontrollabile dell’immagine (e della vita) in praterie già battute, in zone già colonizzate, addomesticate. Ma la vita, ovvio, non è addomesticabile.
Deve tornare in gioco Greengrass e questo The Lost Bus pare in effetti davvero il suo Unstoppable, che è poi un altro “ritorno a casa”, quello di un Tony Scott forse costretto ad ammettere che il cinema mai così “post” digitale teorizzato da Dejà vu. Corsa contro il tempo sia stato un oggetto affascinante ma ancora difficile da misurare, definire e per questo quasi terrorizzante. Meglio ricominciare tutto da capo, tornare al Reale, ad una messa in scena analogica a tutti i costi, meglio tornare ad un passo da “storia vera”, da cronaca ed usarlo insieme a tutto il resto come puntello per allontanarsi dall’abisso.
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Anche Greengrass, in effetti, parte dalla cronaca e racconta un atto di quotidiano eroismo accaduto durante i violentissimi incendi che colpirono la California nell’inverno del 2018. Mentre la piccola cittadina di Paradise viene circondata dalle fiamme, l’autista di scuolabus Kevin Mckay decide di salire sul suo mezzo e raggiungere e far evacuare una scolaresca prima che la loro scuola venga inghiottita dagli incendi.
Ma il suo passo è, se possibile, anche più radicale. Perché The Lost Bus è un film che forse una riappacificazione con il medium non la cerca davvero. Greengrass sceglie di rimanere piuttosto sempre dentro la macchina, nello spazio sempre più digitalizzato (anche) dal cinema delle piattaforme, anzi, addirittura di esporne i meccanismi, i flussi di dati, di accettare una realtà che non può che essere fragile, riscritta dal sensazionalismo del web, popolata da personaggi costantemente immersi in spazi impossibili.
E così The Lost Bus parte dalla cronaca ma la racconta con il ritmo di un romanzo d’appendice dal piglio western, che affastella fino al parossismo imprevisti per il suo protagonista (forse è questa l’unica eredità possibile, ora, di Notizie dal mondo?). Perché il Reale non può che essere uno spazio opaco, che Greengrass prova a contenere usando le vere immagini spurie delle operazioni di spegnimento ma che al contempo nega girando in una sorta di spazio artefatto che ospita un incendio amplificato dalla CGI. Greengrass, infatti, sta a guardare cosa succede a far salire l’entropia del sistema, eppure, alla fine, tutto sembra tenersi. Perché a rimanere ben fermo è il suo sguardo, che è poi ciò che il regista rischiava di perdere. Gioca a mettersi nei guai, a sfidarsi, a capire come guardare quell’abisso da cui si era partiti e non a caso, rimanendo sempre nell’occhio del ciclone gira un film drittissimo, che non si ferma mai, che affastella idee, situazioni, pericoli su cui costruire ulteriori racconti.
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The Lost Bus diventa quindi materia viva, densa, incandescente, che Greengrass pare voler costantemente scavare per arrivare all’origine delle cose, alle fiamme, alle lamiere, al ferro, ai corpi, ad un Matthew McConaughey che arriva a controllare il ritmo del racconto con i soli sguardi e non detti. Si torna all’uomo, in sostanza, ai suoi sacrifici, alle priorità, alle sue urgenze, si torna all’umanesimo di Greengrass, lo stesso di Captain Phillips, ma stavolta espanso, potenziato, eletto a vero e proprio principio linguistico di un cinema che accetta il caos come parte dell’ordine.
Titolo originale: id.
Regia: Paul Greengrass
Interpreti: Matthew McConaughey, America Ferrera, Yul Vazquez, Ashlie Atkinson, Danny McCarthy, Spencer Watson
Distribuzione: Apple Tv+
Durata: 130′
Origine: USA, 2025




















