The Pervert’s Guide to Ideology, di Sophie Finnes e Slavoj Žižek

Žižek si muove tra le immagini, fa salti spericolati in epoche, culture e religioni diverse, come un Virgilio posto nella macchina del tempo della Storia

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Non c’è niente di spontaneo, niente di naturale nei desideri umani, i nostri desideri sono artificiali… il cinema non fornisce ciò che desideri, ti spiega come desiderare” — S.Žižek

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Con questa frase iniziava qualche anno fa il personale viaggio nel cinema di Slavoj Žižek, The Pervert’s Guide To Cinema, un’indagine fermamente intenzionata a dimostrare come i testi filmici parlino a noi più di quanto noi ci illudiamo di fare attraverso essi. Entrare nell’universo teorico/concettuale del vulcanico filosofo sloveno schiude sempre una dimensione familiare, come se il regime dell’immaginario che istituisce l’io ideale (cinematografico nel nostro caso) potesse far comprendere il nostro agire più di ogni intenzionale espressione verbale/simbolica. Le opere, i testi, la cultura del visibile si basano da sempre sull’eccedenza di un reale che rimane confinato nelle pieghe dell’immagine ma che pulsa come un motore nascosto: da questo punto di vista le dinamiche del desiderio, eterne cause latenti del nostro operare, si amplificano a dismisura in una società postmoderna e postideologica nella quale vige una ferrea imposizione al godimento.

Ed è da questo presupposto che si origina il nuovo viaggio filmato di Žižek, sempre attraverso le immagini del cinema, questa volta indagando i meccanismi di un mostro onnivoro chiamato ideologia e della sua necessità insita in ogni collettività. Come al solito il suo “perverso” umorismo piega e veicola i complessi concetti mutuati dalle teorie di Jaques Lacan in un modo fruibile e accattivante. Il documentario – diretto nuovamente dalla giovane Sophie Finnes – inizia sulle immagini di Essi vivono di Carpenter, davanti ad un bidone, che Žižek paragona al mondo post-ideologoco dove poter mangiare tra i rifiuti di epoche passate per trovarne i resti. Le ideologie forti che hanno strutturato e insanguinato il Novecento, costituitesi come un Grande Altro sovraordinato che spingeva l’uomo alle più nobili o aberranti azioni, sono clamorosamente venute meno. Sostituite dalla tirannia ormai totalizzante di un capitalismo 2.0 che crea povertà e nel contempo impone un godimento esasperato.

Žižek si muove tra le immagini, entra nei film del passato, fa salti spericolati in epoche, culture e religioni diverse, come un Virgilio posto nella macchina del tempo della storia che conduce la sua personalissima mappatura del fenomeno ideologia visto come un filtro, un “frame che spalanca l’abisso”. Ogni testo zizekiano (che sia un saggio, un articolo, un documentario) diventa immediatamente un ipertesto, e si viene investiti da una serie infinita di link intercettati solo tra le tracce mediali/artistiche della nostra società: l’assurdità dei totalitarismi (di destra e sinistra) del Novecento visti sotto la lente della Nona Sinfonia di Beethoven; la recente follia omicida di Breivick in Norvegia associata al Travis Bickle di Taxi Driver; il capitalismo onnivoro incarnato dalle fauci de Lo squalo di Spielberg. L’ideologia parla attraverso queste tracce come surplus osceno che istituisce le collettività e impedisce di porsi le più semplici domande: “perché noi riusciamo addirittura a immaginare alieni e asteroidi che distruggono la Terra, ma non riusciamo a immaginare un oltre il nostro attuale sistema economico, arrivando a subire una crisi così imposta?”.

Žižek, come in ogni sua esternazione, spacca le prospettive e crea forti (pre)giudizi: il suo è un approccio fieramente personale, forse un po’ troppo assertivo, è vero, ma le sue riflessioni hanno l’enorme merito di aprirsi alla vita, al tangibile, all’esperienza quotidiana di ognuno. Non rimanendo mai confinate in un dialogo tra sordi o, peggio ancora, tra “iniziati”. Questo è un documentario che resta innanzitutto un film: divertente, ironico, con soluzioni di montaggio che riecheggiano in ogni stacco la storia del cinema. E che si sia d’accordo o meno con la sua solida struttura concettuale, si esce comunque dalla sala enormemente propensi al dialogo…

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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