The Raven, di James McTeigue
The Raven si muove sul confine tra l'archetipo e l'apocrifo, recuperando i frammenti dei racconti di Poe con vocazione filologica per poi deformarli alla luce di un mutato immaginario, che torna a riflettere retroattivamente sulle proprie origini, tradendole e reinventandole. Tentando di ricostruire ciò che vi è nel mezzo, e quindi gli ultimi giorni di vita come espediente per arrivare al cuore dell’autore, The Raven risulta un'opera imperfetta ma coraggiosa che cerca di mediare la riflessione teorica con l'afflato emotivo, ma che solo a tratti sfiora la complessità e la capacità visionaria di Poe.
Si muove sul confine tra l’archetipo e l’apocrifo The Raven. Il primo è quello incarnato dallo scrittore in cui tutte le storie della letteratura di genere ravvisano il capostipite del racconto giallo, tra horror e detection, con una vocazione filologica, a tratti storiografica; il secondo riflette invece una tendenza cinematografica squisitamente contemporanea che ama rileggere i capisaldi letterari deformandoli alla luce di un mutato immaginario, che torna a riflettere retroattivamente sulle proprie origini, tradendole e reinventandole.
Il film di James McTeigue lavora su questo doppio binario, recuperando i frammenti dei racconti di Poe – I delitti della Rue Morgue, Il mistero di Marie Rogêt, Il pozzo e il pendolo ma soprattutto Il cuore rivelatore – disseminandoli lungo una sceneggiatura che si comporta come un corpus critico, ri-semantizzazione della produzione dello scrittore americano all’interno di un unico testo che fa poi vibrare al suo interno suggestioni successive al modello ma divenute nel frattempo classiche e tramandate grazie al rifacimento, al remake.
È il caso del leitmotiv del premature burial cui è sottoposta Emily, con immagini claustrofobiche che rimandano alla messa in scena di Roger Corman, parametro ineludibile per una re-visione di Poe, ma anche (come dimenticarlo?) al Tarantino di Csi, che gioca e rimpasta i medesimi codici narrativi e stilistici, così come altrettanto epidermico è il confronto con lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie, più sfrontato e radicale nel piegare il personaggio letterario all’anima e al ludico apparato action del regista.
Nel film questa duplicità si risolve nel movimento parallelo dell’indagine, che si muove lungo la linea retta della razionalità, e la progressiva, circolare, disperazione di Poe, che finisce per condurlo ineluttabilmente su quella panchina di cui ci aveva già informato la didascalia iniziale.
Tentando di ricostruire programmaticamente ciò che vi è nel mezzo, e quindi gli ultimi giorni di vita come espediente per arrivare al cuore dell’autore, The Raven cerca di comportarsi come uno dei suoi racconti, auscultando le ossessioni, integrando biografia e letteratura, con immagini e atmosfere che sembrano guardare al fascino malsano del From Hell dei fratelli Hughes. Ne risulta un’opera imperfetta ma coraggiosa nel suo ragionamento sull’immaginario, che cerca di mediare la riflessione teorica con una partecipazione emotiva, ma che solo a tratti sfiora la complessità e la capacità visionaria di Poe.
Titolo originale: id.
Regia: James McTeigue
Interpreti: John Cusack, Luke Evans, Alice Eve, Brendan Gleeson, Kevin McNally, Brendan Coyle
Origine: USA, Ungheria, Spagna, 2012
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 109′