"The Ring", di Gore Verbinski

Tratto dall'omonimo libro di Koji Suzuki chesembra giungere da noi un po' in ritardo, quanto meno rispetto alle fascinazioni e perturbazioni restituite dagli oggetti domestici dei racconti di Stephen King. Ciò non toglie che al cospetto dell'ex pubblicitario e cinefilo Verbinski, la storia non perda mai tensione e dunque non si adagi pigramente.

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Non che The Ring sia un giocattolo della stessa fattura del sorprendente Jeepers Creepers, ma condivide con il film di Victor Salva un incipit veramente acuto. Entrambi esordiscono abbracciando a suon di stereotipi, di frasi fatte e strafatte il genere slasher movies (il filone horrorifilo più in voga in questi ultimi anni), per poi strapparcisi brutalmente dopo pochi fotogrammi. Come a dire: siamo figli di quel senso estetico-postmoderno del pauroso, lo citiamo per meglio accomodare lo spettatore, ma subito ne prendiamo le distanze mantrugiandolo con la serietà spaventosa e spaventata dell'horror più genuino. Ecco dunque che il The Ring di Verbinski (sequel del celebre Ringu, di Hideo Nakata) mette subito in chiaro, dopo aver giocato beffardamente con due teenagers e con le loro succinte minigonne, che qui si fa sul serio, che qui si muore per davvero, anche se dopo una settimana.

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La storia gira intorno ad una delle tante leggende metropolitane: la visione di una VHS con immagini terribili viene seguita da una telefonata che annuncia all'astante-spettatore che, di lì ad una settimana, la trama del film verrà a fargli visita per ucciderlo come fosse un protagonista della stessa; i film horror sono oggetti tentatori e ostili allo stesso modo, noi lo sappiamo ma ad ogni buon conto non rinunciamo a farci fagocitare dalle loro immagini. Si scorge in questo la metafora dello spettatore di fronte ad un film? The Ring per di più si preoccupa di fare interagire i due mondi, dichiarando che quello in celluloide può anche essere più vero di quello reale.


Il film è tratto dall'omonimo libro di Koji Suzuki che, a dir il vero, sembra giungere da noi un po' in ritardo, quanto meno rispetto alle fascinazioni e perturbazioni restituite dagli oggetti domestici (come anche una videocassetta) dei racconti di Stephen King, ma ciò non toglie che al cospetto dell'ex pubblicitario e cinefilo Verbinski, la storia non perda mai tensione e dunque non si adagi pigramente. Soprattutto perché dietro alla produzione si nasconde la Dreamworks di Spielberg, dunque i sani sobbalzi dalla poltroncina e gli attacchi coronarici che ne conseguono sono tutto di guadagnato e di inaspettato.


Tuttavia i fanciulli spettatori e attori della Dreamworks non mancano in questo film. Com'è di voga nella cinematografia degli ultimi anni (Shining in primis) anche qui c'è un bambino che, a seguito di una madre irresponsabile (interpretata da Naomi Watts), è costretto a sobbarcarsi l'onere e le responsabilità che un'esistenza sensibile gli impongono. E' Aidan infatti il bambino con lo shining che ha il compito di intessere, col suo volto emaciato (com'è solito) e col suo stazionamento apatico di fronte alla tv, una lieve sottotraccia di carattere sociale. Il film infatti si preoccupa anche di accennare, com'è scontato che sia dato che in buona parte è girato in ambiente domestico, una denuncia alle famiglie non curanti degli effetti controindicativi dell'esposizione alla tv.  Non a caso le due giovani dell'inizio esordiscono proprio con un'invettiva ai danni dell'apparecchio televisivo.


Ma il vero protagonista, sopra tutto e tutti, è il film, quello contenuto nella videocassetta però, quello che Naomi Watts dovrà, come ogni attento spettatore, decifrare, analizzare, comprendere e in fondo amare. Un amore che, da mamma rinsavita, vorrà condividere con il piccolo figlio ed evitargli, per la legge del contrappasso, le pene della bambina abbandonata, guarda un po', al cospetto della tv. Perché comprendere un film significa anche un po' comprendere la vita, sembra sottolineare la fine. Fine che risponde all'inizio come ogni classico che si rispetti e nondimeno risponde alla figura e al suono telefonico del suo titolo: ring!!! Una chiamata alla quale vale la pena rispondere.


 


Titolo originale:
Regia: Gore Verbinski
Sceneggiatura: Ehren Kruger dal racconto di Koji Suzuki
Fotografia: Bojan Bazelli
Montaggio: Craig Wood
Musica: Hans Zimmer
Scenografia: Tom Duffield
Costumi: Julie Weiss
Interpreti: Naomi Watts (Rachel Keller), Martin Henderson (Noah),  David Dorfman (Aidan Keller), Brian Cox (Richard Morgan), Jane Alexander (Dr. Grasnik), Linsay Frost (Ruth Embry), Amber Tamblyn (Katie Embry), Rachael Berra (Rebecca "Becca" Kotler), Daveig Chase (Samara Morgan), Shannon Cochran (Anna Morgan), Sandra Thigpen (teacher)
Produzione: Walter F. Parkes, Laurie MacDonald per Amblin Entertainment/Asmik Ace Entertainment/BenderSpink/DreamWorks/Kuzui Enterprises/MacDonald-Parkes
Distribuzione: UIP
Durata: 110'
Origine: USA, 2002


 


(Simone Ciaruffoli)

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