The Sower, di Marine Francen

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Educazione sentimentale che profuma di femminismo nella prima parte ma scade in olezzo romantico nella seconda. Da politico diventa personale, perdendo aura e grazia. Un fiore reciso troppo presto.

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Basato sul breve racconto autobiografico del 1919 L’homme semence di Violette Ailhaud, l’esordio della regista francese Marine Francen comincia in medias res: siamo nel 1852, in un piccolo villaggio nel cuore delle Cévennes, in Francia. Napoleone III è appena diventato imperatore e attua la sua vendetta contro i ribelli repubblicani del borgo deportando a valle gli uomini per sottoporli a un sommario processo. Le donne trascorrono allora mesi in un isolamento che porta alla luce le fragilità ma anche la forza di genere. Inizialmente spaurite di fronte alle conseguenze di questa vandea popolana, il gruppo però trova presto la capacità di reagire all’assenza di mariti e padri instaurando una piccola ma coesa comunità femminista. In particolare sono le più giovani a mettere frutto questa inaspettata condizione trovando l’ardire di confessarsi a vicenda i loro desideri sessuali e promettendosi di instaurare, affinché la vita nel villaggio continui, un comune e partecipato diritto all’autodeterminazione sessuale: “Se un uomo arriva, sarà per tutte noi”. Ma quando il fabbro Jean giunge a turbare il raggiunto equilibrio la realizzazione di questo proposito sarà complicato dall’amore personale della protagonista Violette…

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The Sower è un film che sin dal soggetto intende proporre una riflessione programmaticamente politica: le elaborate pratiche femministe di oggi sono il risultato di occasionali tentativi avvenuti nel corso dei secoli passati. Un borgo montanaro di quasi due secoli fa dove a malapena arriva Voltaire – la lettura di Zadig è però un’infiorescenza letteraria esornativa e fievole – scopre all’occorrenza di poter fare a meno della sua parte maschile costringendo quella femminile a un salto in avanti di responsabilità e di ideologia. Questa consapevolezza si palesa benissimo negli irradianti primi minuti, capaci di regalare alcune straordinarie immagini come quella del vestito da sposa (mancata) che brucia sulla vetta di una collina avvolta da una luce occidua e svaporante. Ma la narrazione di questa comunità femminista non riesce mai a farsi realtà filmica, come ad esempio nel ben più robusto Women Talking – Il diritto di scegliere, perché incredibilmente azzoppata da una seconda che lascia inevase le promesse di libertà sessuale – non mostrare gli atti delle altre donne con Jean cancella la necessaria partecipazione dello spettatore – a favore di un romanticismo più lasco e, come al solito, individuale. Il percorso di emancipazione delle donne di The Sower si ferma difatti nei pressi di un singolo atto procreativo: “Dirai a nostro figlio che è nato dall’amore di un uomo e una donna liberi”.

 

Titolo originale: Le semeur
Regia: Marine Francen
Interpreti: Pauline Burlet, Géraldine Pailhas, Alban Lenoir, Iliana Zabeth, Françoise Lebrun, Raphaëlle Agogué, Anamaria Vartolomei, Margot Abascal, Théo Costa-Marini,
Distribuzione: Kitchen Film
Durata: 98′
Origine: Francia, Belgio 2017

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
2 (1 voto)

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