The Spark, di Valeria Mazzucchi e Antoine Harari

Valeria Mazzucchi e Antoine Harari raccontano la ZAD di notre-dame-des-landes e si interragano su possibili alternative al modello capitalista. Dal Cinemambiente di Torino

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“There is No Alternative” erano gli anni ’80 quando questo slogan venne utilizzato per la prima volta da Margaret Thatcher. Semplice ed efficace, esso stava ad indicare come non fosse possibile nessuna alternativa al sistema capitalistico. Un’idea che negli anni è stata introiettata tanto dalle varie forze politiche (di destra e di sinistra) quanto dallo stesso inconscio collettivo, al punto che oggi “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”. Ma è veramente possibile che non esistano alternative? I ragazzi della ZAD (Zone to Defend) di Notre-Dame-des-Landes hanno provato a sviluppare un modello alternativo allo stato capitalista. Valeria Mazzucchi e Antoine Harari nel loro documentario The Spark, in concorso al festival Cinemambiente di Torino, si fanno portavoci di questa storia.

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È il 2008 quando il governo Francese adibisce a sito di costruzione svariati ettari di terreno nelle vicinanze della città di Nantes. La foresta e i campi dovrebbero diventare un aeroporto, un lavoro fin da subito definito inutile e dannoso per l’ambiente, che attrae molta resistenza non solo dalla Francia ma da tutta Europa. Nella zona denominata ZAD (Zona a difendere) si viene a formare un eterogeneo gruppo di dissidenti, composto da contadini che non vogliono allontanarsi dalle loro terre, ambientalisti e anarchici, che decidono di occupare il terreno fino a quando il governo non rinuncerà ai suoi propositi. Questi ribelli riescono effettivamente ad ottenere un cambiamento nel 2018, quando Macron decreta che non ha intenzione di procedere con la costruzione di infrastrutture nella zona di Notre-Dame-des-Landes, ma ormai la ZAD è diventata qualcosa di più complesso.

Se è vero che l’obiettivo iniziale dei dissidenti era quello di salvaguardare il verde della zona di Notre-Dame-des-Landes, col tempo essi hanno trovato qualcos’altro: un modo alternativo di vivere, fuori dal sistema capitalistico. La Zad nei suoi dieci anni di vita è diventata una comune dove le persone che condividevano gli stessi ideali potevano trovarsi e aiutarsi a vivere la collettività in una maniera nuova. Era diventata un sistema autosussistente e autonomo e non aveva più intenzione di tornare allo stato precedente. Ma era un modello destinato a durare?

Come un corpo che vede nel modello comunista della ZAD un virus che ne minaccia l’integrità, lo stato neoliberale Francese sembrerebbe naturalmente portato allo scontro con esso. Nel 2019, ad appena un anno dall’annuncio dell’abbandono del progetto, Macron ordina lo sgombero dell’area, quello che ne segue è la più imponente operazione di polizia della storia francese dal 1968, un’operazione attentamente documentata da Valeria Mazzucchi e Antoine Harari.

La ZAD non è un’utopia” ci tiene a sottolineare la regista, essa esiste e resiste ancora oggi. Nonostante i tentativi di sgombero, finché resterà anche solo uno sparuto gruppo di persone a difenderne gli ideali, si potrà sempre ricostruire, come un tritone che rigenera i suoi arti dopo uno scontro. Se è vero che il documentario ci porta a scoprire una Notre-Dame-des-Landes resiliente, positiva e capace di dimostrare che effettivamente esiste un’alternativa, non si può che terminare la visione con dei dubbi sull’effettiva applicazione di un simile modello anarchico su vasta scala. Può veramente funzionare? Può coesistere con altri modelli o finirebbe con l’essere attaccato e riassorbito dallo stato liberale? Come un’anomalia destinata a perdere lo scontro con un sistema più grande e che non ammette eccezioni.

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (4 voti)
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