"The Unsaid – Sotto silenzio" di Tom McLoughlin
Intrighi, moltiplicazioni, inseguimenti polizieschi: tutto corre verso una densità tematica che nel film di Tom McLoughlin (regista di “A volte ritornano”) però non viene mai approfondita.
Cosa passava nella mente del sedicenne Kyle, prima di farla finita? Cosa passa ora per la testa di Tommy, il giovane che vuole rimuovere l'assassinio della madre ad opera del padre? Cosa spinge Michael, psicologo ritiratosi dopo il suicidio del figlio Kyle, a prendere in mano questo nuovo caso? L'assimilazione tra la figura di Kyle e quella di Tommy? Il desiderio di salvare un ragazzo da sé stesso come a suo tempo non ha saputo fare col proprio figlio? L'esigenza di concedere finalmente a se stesso una possibilità di redenzione? Questo, e molto altro, è “unsaid”, sotto silenzio appunto.
In una Middle America dove i tradizionali campi di grano ed i rassicuranti “diners” si alternano a scenari di “rave-party” clandestini ed a sottoboschi di perversione sessuale, la verità sembra più intricata delle apparenze.
In un susseguirsi di rivelazioni, verità nascoste, e sovrapposizioni di ombre e persone (il vecchio tema del doppio caro al thriller), lo psicologo (Andy Garcia) si ritrova a fare i conti con la propria verità e con quella del suo paziente, travolgendo anche la giovane figlia in un gioco più grande di lei. Ma se l'intreccio ricco di temi (incesto, pedofilia, rimozione del trauma, conflitto psicologo-padre) promette un dispiego torbido ed articolato di storie, l'abuso di schematismi va a discapito di quest'abbondanza tematica. Ne risente la narrazione nella frantumazione della famiglia dello psicologo dopo il suicidio, nella chiusura del protagonista in sé stesso, nella sua riapertura alla prima sollecitazione esterna, nell’ingenuo il comportamento di sua figlia, cinica davanti al padre ma del tutto succube dell'ambiguo paziente. E poi troppi gli stereotipi iconografici, dalla barba incolta di Garcia che va e viene con l'apparire e lo scomparire della sua depressione, al pugno serrato di Tommy, continuamente inquadrato per segnalare allo spettatore la sua natura contorta. E, per finire, troppe ingenuità psicologiche per un film dal "setting" psichiatrico: se il personaggio di Garcia può non vedere le macchinazioni del paziente perché offuscato dai propri rimorsi, la cecità della collega che segue con lui il caso (una biondina che entra ed esce dalla scena senza che ne sia svelata una ragione d'essere) è difficilmente credibile.
Intrighi, moltiplicazioni, inseguimenti polizieschi, tutto corre verso una densità tematica che nel film di Tom McLoughlin (regista di “A volte ritornano”) però non viene mai approfondita.
Titolo originale: The Unsaid
Regia: Tom McLoughlin
Sceneggiatura: Miguel Tejada-Flores, Scott Williams
Musica: Don Davis
Scenografia: Gregory Bolton
Costumi: Jodie Lynn Tillen
Interpreti: Andy Garcia (Michael Hunter), Vincent Kartheiser (Thomas Caffey), Linda Cardellini (Shelly Hunter), Sam Bottoms (Mr. Caffey), August Schellenberg (Detective Hannah), Chelsea Field (Penny), Brendan Fletcher (Troy), Teri Polo (Barbara)
Produzione: Tom Berry, Matthew Hastings, Kelley Feldsott Reynolds per Kandu Entertainment/Minds Eye Pictures/New Legend Media/Reynolds Entertainment
Distribuzione: Eagle
Durata: 103’
Origine: Usa, 2001