Thelma, di Joachim Trier
Strano film onirico che mette insieme un racconto di maturazione al femminile con il thriller paranormale.
Joachim Trier torna nella “sua” Oslo, tre anni dopo la sfortunata trasferta americana di Louder than bombs. Era il racconto di una famiglia devastata da un lutto e da un “segreto” del passato a definire quel precedente lavoro, elementi che probabilmente stanno a cuore al regista 44enne e che ritornano anche in questo ultimo Thelma, nuova deviazione sulla famiglia e su una storia di maturazione giovanile, virata in chiave omoerotica e femminile. È però soprattutto un film spiazzante, capace di cambiare registro improvvisamente, di mettere insieme il racconto di formazione e il thriller paranormale e lasciare allo spettatore l’attesa onirica, non completamente appagata, dei grandi maestri.
L’accostamento tra Carrie e Bergman, azzardato da parte della critica americana, per quanto improbabile traduce con onestà l’ambizione programmatica dell’operazione. Abbiamo una giovane e timida studentessa cresciuta in provincia, la cui fede cristiana ricorda da vicino il rigore calvinista di molto cinema scandinavo. Thelma non beve, non si lascia andare ai sentimenti né al desiderio sessuale. Ma poi incontra la collega Anja e qualcosa cambia. Affiorano immagini di animali, frammenti horror, proiezioni erotiche, convulsioni fisiche e flashback del passato. Finché un giorno Anja scompare e la famiglia di Thelma sembra saperne il motivo.
A tradire il regista norvegese è soprattutto una visionarietà scoperta in simbolismi religiosi e cinematografici, esteticamente contraddittori, incerti se percorrere il gusto pubblicitario (serpenti, vetri in frantumi) o una composizione autoriale tesa al fuoricampo. Questa incertezza stilistica prova a dialogare con una scrittura – la sceneggiatura è dello stesso Trier e di Eskil Vogt – altrettanto insicura se dare spazio alle immagini o cedere il passo a una inclinazione didascalica ed enunciativa. In qualche modo Thelma nell’ultima parte propende per la spiegazione, porta a casa la storia ma non il “talento” del cineasta. Di sicuro Trier ha buone idee, ma forse pretende troppo da se stesso. Per certi versi il suo sembra ancora un cinema fatto da un allievo. E così i suoi film incuriosiscono, ma arrivano in ritardo, fermandosi una manciata di metri prima del mistero e dell’emozione.
Titolo originale: id.
Regia: Joachim Trier
Interpreti: Eili Harboe, Okay Kaya, Ellen Dorrit Dorrit Petersen, Henrik Rafaelsen
Origine:Norvegia, Francia, Danimarca, Svezia, 2017
Distribuzione: Teodora
Durata: 116′