This Is My Desire, di Arie e Chucko Esiri

Il racconto di due solitudini in cerca di un futuro migliore è lo spunto per una complessa riflessione sulla Nigeria contemporanea e sul suo rapporto con l’occidente. In concorso al #TFF38

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Il racconto di due solitudini, quella del tecnico Mofe e della parrucchiera Rosa, che nella tentacolare Lagos sognano di costruirsi una nuova vita in Europa è solo il pretesto che i fratelli Arie e Chuko Esiri usano per immergersi nel tessuto vivo di quella Nigeria in cui sono nati e cresciuti, per saggiarne il peso specifico, per misurarne l’impatto a contatto con la complessità contemporanea. Non sanno come riemergeranno dal confronto, percepiscono solo la necessità di sviluppare questo dialogo con le loro origini e di raccoglierne i risultati in un film, This Is My Desire, loro esordio nel lungometraggio.

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I fratelli Esiri innestano le loro argomentazioni nel sistema di segni del Terzo Cinema, verso cui si rapportano con particolare delicatezza. Del linguaggio da guerriglia di quel contesto in This Is My Desire rimane solo una lontana eco, tra i 16mm della pellicola e la fotografia a luce naturale ma la militanza di quel sistema di segni è viva e si ritrova in quell’approccio documentario, con cui, tra le pieghe della fiction, la regia decide di raccontare la Nigeria contemporanea.

Arie e Chuko Esiri catturano con un calore quasi etnografico la quotidianità di Lagos e dilatano il racconto per aprire digressioni su situazioni, gesti o momenti che custodiscono lo spirito della città. Quello della diegesi è uno sguardo duplice, al contempo distante dall’azione, testimoniale e orientato, politico, connotato, centro di uno storytelling a metà tra la cinepresa a livello strada del neorealismo e il documentario militante.

La Nigeria dei fratelli Esiri emerge in filigrana come un paese dall’identità confusa, sedotto dal consumismo, ignaro dei pericoli dello sfruttamento occidentale e di quanto il suo patrimonio culturale stia andando perduto. Ad un livello di analisi più profondo, il film è però anche il luogo in cui i due registi negoziano con la loro identità problematica di giovani cosmopoliti su cui continua ad agire l’influsso della  cultura d’origine, a tal punto influente da filtrare nel racconto: Lagos ha il calore di una divinità animista  e l’accento della narrazione su un destino contro cui l’uomo non può nulla è un evidente appiglio ad una forma mentis legata ad una cultura ancestrale.

This Is My Desire è un racconto che, a partire da premesse ed elementi universali, si fa narrazione centrata ed umana che colpisce per il ritratto vivo che restituisce della Nigeria e per l’analisi obiettiva che del proprio paese e della propria identità fanno i due registi. L’approccio dei due artisti risulterà forse, per alcuni, spiazzante, soprattutto nelle argomentazioni ma è certo che i fratelli Esiri siano lucidi e coraggiosi indagatori culturali, pronti a non cercare giustificazioni nel momento in cui si confrontano con il ventre molle della loro terra e probabilmente altrettanto decisi ad ammettere che il loro film potrà solo tracciare un solco di una negoziazione complessa che non si esaurisce con esso ma che proseguirà ben oltre i titoli di coda.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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