Tir, di Alberto Fasulo

tir di alberto fasulo
Prima l'acqua, ora la strada. Dal fiume Tagliamento di Rumore bianco alla strada di Tir. Restano intrappolati i suoni oltre le immagini, con una vita privata e lavorativa segnata dalla voce off che segnano momenti di impercettibile tensione. E sulle tracce di finzione costruita sopra l'esistenza di Branko non si avverte nessuno scarto

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tir di alberto fasuloPrima l'acqua, ora la strada. Dal fiume Tagliamento di Rumore bianco (uno dei documentari più importanti del cinema italiano degli ultimi anni) all'asfalto di Tir. Il cinema di Alberto Fasulo prosegue sulla linea orizzontale di spostamenti, di percorsi. Quindi Tir esula dalle dinamiche tipiche del cinema on the road. Anzi la strada (come si vede proprio all'inizio del film) è più una superficie di attraversamento per raccontare delle storie. In questo caso c'è quella di Branko (Branko Zavrsan) che da qualche mese ha iniziato a lavorare come camionista lasciando la vecchia professione di insegnante a Rijeka perché guadagna tre volte di più. Però trascorre anche gran parte del suo tempo lontano da casa trasportando merci da una parte all'altra dell'Europa.

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Restano intrappolati negli occhi più i suoni oltre le immagini in Tir, quest'ultime spesso ingombrate dai tir, da squarci di grigio, dalla macchina da presa spesso attaccata sul volto di Branko e del suo collega. Con i rumori di motori accesi, di voci chiare e/o indistinte, Tir galleggia e a tratti annega dentro la sua materia visivo/sonora. Ma soprattutto Fasulo riesce a mostrare anche un altro film, quello che sullo schermo non si vede: la vita di Branko e la sua famiglia mentre nell'immagine c'è il volto del protagonista. Ci sono così le frequenti telefonate con la moglie, tutte di notevole intensità nelle continue mutazioni di stati d'animo (la nostalgia, la gelosia, l'incomprensione come nella discussione sul fatto che lui aveva promesso i soldi al figlio per comprarsi una casa più grande senza consultarla). E poi c'è l'immagine della vita massacrante del loro lavoro con turni di riposo da rispettare che spesso vanno in contrasto con i tempi di consegna. Ancora qui le voci. Con momenti di impercettibile tensioni attraverso un volto/i che spesso non c'è e che diventa condizionante. E la macchina da presa che filma un corpo in movimento che, durante il viaggio, non sembra avere più nessuna collocazione.

Dei tre film italiani in concorso questo è quello più vissuto, quindi anche più coinvolgente. Con il protagonista Branko Zavrsan che racconta se stesso partecipando anche alla sceneggiatura. Ma dentro ci ha messo la propria verità. E sulle tracce di finzione costruite con i segni delle proprie vite (come nel Leone d'Oro Sacro GRA) qui non si avverte nessuno scarto.

Regia: Alberto Fasulo
Interpreti: Branko Završan, Lucka Pockaj, Marijan Šestak
Origine: Croazia/Italia, 2013
Distribuzione: Tucker Film
Durata: 85'

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