Tom Medina, di Tony Gatlif

Presentato in anteprima nazionale al Festival del cinema europeo di Lecce, dopo il passaggio a Cannes. La costruzione atavica dell’identità di un uomo, attraverso la purezza della natura

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Un tribunale giovanile invia Tom Medina nella Camargue, una regione nel profondo Sud della Francia, affidandolo alle cure di Ulysse, un uomo dall’animo gentile che vive in armonia con la natura. Abitato da visioni, affascinato dai tori e dai cavalli, Tom diventa un apprendista mandriano sotto la guida di Ulysse. Smette di rubare, è affamato di sapere e sembra voler cambiare, dividendosi tra gli insegnamenti della vita in fattoria e l’incontro decisivo con Suzanne, che rapisce presto le sue attenzioni e il suo cuore.

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Presentato al Festival di Cannes l’ultimo film di Tony Gatlif è forse quello più personale. L’incontro, decisivo per la vita del protagonista Tom, col buon Ulysse, infatti, prende spunto dall’esperienza del regista, ispirandosi all’educatore che lo aiutò quando viveva per le strade di Parigi, dopo essere fuggito dall’Algeria negli anni ’60, in cui fu affidato prima a una famiglia e poi mandato in un riformatorio. Anche se, ci tiene a precisare lo stesso autore, Tom Medina non è assolutamente un film autobiografico, poiché: “non racconto la storia della mia vita nei miei film. Mi annoia farlo. Piuttosto mi ispiro a fatti veri che mi sono successi“. Aderenza a fatti reali o meno, è solo attraverso il periodo di “apprendistato” di Tom alla fattoria che Gatlif fa costruire il suo personaggio, dal passato praticamente inesistente, che non comprende né una famiglia (se non la figura lontana ed eterea di sua madre) né tantomeno una casa. Il regista affida allora l’enigmatica e misteriosa psicologia del personaggio non a dialoghi o esplicite dichiarazioni, almeno per gran parte del film, ma quasi esclusivamente al volto ora disincantato ora intenso dell’attore David Murgia. Sono i suoi sguardi, i suoi sorrisi o silenzi a parlare per lui, a farne un ritratto sincero e umano. La comunicazione diventa così centrale nella sua assenza, accomunando tutti i protagonisti in gioco, a cui fa da contraltare la purezza della natura, la sua essenza primordiale, non solo ambientazione della storia, ma vera protagonista.

Chi sei?” chiede più di una volta Ulysse al ragazzo, intendo più del suo semplice nome, ma il protagonista risponde prontamente, e in modo fermo e quasi auto-determinante, solo “Tom Medina“. È attorno a questa domanda che ruota il film di Gatlif, la ricerca di un’identità da parte del suo protagonista, coinvolgendo tutta la sua struttura. Vedasi la fotografia, che non fa che alternarsi in continui contrasti di chiari e scuri, a rappresentare il conflitto profondo e atavico del ragazzo. Così la messa in scena, che si confondo tra magia e realtà, in cui emerge il “toro bianco” che perseguita Tom nelle sue visioni, non a caso il più luminoso di tutti. Oltre ad essere l’ennesimo riferimento personale (Gatlif racconta che la madre era una sorta di guaritrice, che curava lui e le persone del vicinato), è il simbolo più lampante di come niente sia come sembra. Poiché esattamente come Tom nasconde i suoi reali pensieri e fragilità, così il toro non è affatto un nemico o una minaccia, piuttosto una guida, che però Tom si rifiuta di seguire e, anzi, vuole domare. Fin dalla prima scena in cui il protagonista fa la sua spettacolare entrata all’interno di un’arena, infatti, il ragazzo appare ossessionato dalla figura del torero, arrivando perfino a vestirsi (tramite il suo caratteristico cappello) o ad armarsi come uno di loro. È la sua ribellione all’autorità, a una figura che possa appunto guidarlo, da una parte, il suo desiderio di indossare i panni di qualcun altro, dall’altro.

In questa lotta per la propria esistenza, allora, la forza figurativa della natura entra ancora in soccorso. Mediante lo sguardo del ragazzo che osserva affascinato, Gatlif cattura, per tutto il suo film, gruppi di animali che agiscono all’unisono, dalle rane ai fenicotteri, dai cavalli agli uccelli (come quelli che Tom e Suzanne guardano sognanti durante il loro primo incontro). Ed è la proprio famiglia, nella forma dello stare insieme e del riconoscersi l’un l’altro, la soluzione e allo stesso tempo il dilemma che unisce i protagonisti. Non solo Tom, infatti, ma anche Ulysse e sua figlia cercano di colmare il vuoto lasciatogli dall’abbandono del figlio/fratello, avvicinandosi al ragazzo in maniera differente. Ed è così che aiutando loro, finiscono in realtà con l’aiutare se stessi. Basato su questo, ma in maniera ancor più viscerale, è invece il legame con Suzanne. Lei che, proprio come lui, non ha una vera casa, un luogo o una famiglia da cui tornare, che continuamente cerca di liberare boschi e spiagge dalla plastica, in una routine continua e senza fine che riempie, nel suo caso, il vuoto lasciale dal figlio, portato via dai servizi sociali.

Perché la natura è incontaminata, pura e rassicurante, mentre l’uomo, specie col suo intervento su di essa, si dimostra fallibile e corrotto. Il viaggio, coinvolgente e appassionante, di Tom e Suzanne sta tutto qui, nell’imparare a fidarsi dell’altro, così da poter fidarsi di se stessi e raggiungere una propria identità nell’affetto verso un’altra persona, anche se ormai fa paura. Quell’ultima inquadratura scelta da Gatlif, in uno stile poeticamente circolare, dirà molto del loro percorso e della coesione del loro racconto. Lo farà con una modalità tutt’altro che scontata, anzi, se non nell’offrire a Tom, finalmente, il suo meritato “branco”.

 

Titolo originale: id.
Regia: Tony Gatlif 

 

Interpreti: David Murgia, Slimane Dazi, Karoline Rose Sun, Suzanne Aubert, Lyes Ouzeri, Romain Carbuccia, Morgan Deschamps, Clément Bouchet, Didier Bourguignon 

 

Durata: 100′ 

 

Origine: Francia, Svizzera 2021 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
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