Tomb of the River, di Yoon Young-bin

Un thriller ambiguo, che fatica a dialogare con i codici di genere, ma che trova un passo diverso nella cornice più intimista. Alla violenza iperrealista predilige l’approccio distanziante. Dal FEFF

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In Tomb of the River Gangneung non è solo lo spazio urbano in cui si muovono le fila del racconto e i suoi personaggi, ma qualcosa di più astratto e metaforico. È il luogo delle proibizioni. Delle fantasie di conquista e di affermazione personale, l’ambiente cittadino in cui perseguire definitivamente i più decantati (e sopiti) sogni di riscatto. La città balneare situata sulla costa orientale della Corea del Sud, meta turistica di milioni di cittadini dell’isola, diviene per i protagonisti lo specchio primario attraverso cui riflettere i propri desideri, e insieme rileggere le loro meschine e traviate soggettività. E nel presentare una storia di prevaricazioni e violenze, in cui vari gruppi della malavita locale (e non) si confrontano duramente per il controllo di un resort milionario, il debuttante Yoon Young-bin staglia l’esercizio del potere su un orizzonte urbano limitato, da cui il racconto (e i suoi personaggi) non potranno mai astrarsi realmente.

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Al centro di Tomb of the River non c’è allora un protagonismo individuale, ma collettivo. Ogni esponente delle fazioni criminali, dal mafioso locale Gil Seok (Yu Oh-seong) al sicario di Seoul Min Seok (Jang Hyuk), anela alla stessa cosa. Ovvero ad un obiettivo apparentemente materico, che nasconde sotto la superficie delle aspirazioni di natura diversa. E nell’escalation di violenza che il “secondo azionista” Min Seok scatena contro Gil Seok per il controllo definitivo del lussuoso resort, il film mette in scena un confronto più profondo, veicolando le tracce programmatiche della sua stessa istanza comunicativa. Il contesto esterno che si viene così a creare non è nient’altro che la cornice superficiale di un moto interiore. Le motivazioni che spingono i protagonisti all’annullamento reciproco sono infatti segno di un conflitto “rimosso”, sotto cui si celano tanto le aspirazioni quanto le fantasie di controllo. Ottenere il comando del resort e raggiungere così l’apice della catena sociale, è per i personaggi il mezzo unico con cui affermare sé stessi, dando finalmente concretezza ai più reconditi e insperati sogni di gioventù. E per farlo sono disposti anche a morire, abbandonando una vita condotta fino a quel momento all’insegna della sottomissione. Un disegno che Tomb of the River mantiene costante in ogni segmento e che esalta a suo nucleo, veicolo e centro significante.

Per quanto il film risulti coerente sia nei contenuti che nella configurazione estetica, l’assenza di un approccio viscerale alle sequenze d’azione priva Tomb of the River di quell’iperrealismo cinetico alla base del moderno action/thriller coreano. Le numerose scene di corpo a corpo, in cui la distanza fisica del conflitto a fuoco è disinnescata dalla prossimità corporea degli accoltellamenti, mancano di quell’efferatezza dinamica necessaria per la fascinazione spettatoriale, privando il pubblico di un appagamento estetico profondo. Il rifiuto della macchina a mano in favore del teleobiettivo non comporta solo una deriva distanziante, ma mina quegli stessi canoni iper-immersivi su cui gli action movies coreani (come A Bittersweet Life, The Man From Nowhere o il più recente Special Delivery) costruiscono le proprie fondamenta. Tutto in direzione di un thriller ambiguo, che fatica nel dialogare con i codici di genere, ma che trova una dimensione congeniale solamente negli orizzonti del dramma. È nella sola rappresentazione di uomini sconfitti, prede di un destino da cui non trovano pacificazione, che è possibile (ri)cercare il senso di una narrazione liminale, tesa com’è tra la convenzionalità di racconto e i suoi riflessi più intimisti.

Titolo originale: Gangneung
Regia: Yoon Young-bin
Interpreti: Yu Oh-seong, Jang Hyuk, Park Seong-geun, Oh Dae-hwan, Kim Jun-bae, Lee Hyun-gyun, Han Seon-hwa
Durata: 119′
Origine: Corea del Sud, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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