TORINO 21 – "I cinghiali di Portici"- il rugby non cambia la vita (Concorso)

Diego Olivares cuce le storie dei suoi personaggi riuscendo a prendere le dovute distanze dalle banalità narrative, evitando cadute di stile o di ritmo. Il pregio maggiore di I cinghiali di Portici sta nella capacità dell'autore di esaltare l'intimità dei giovani protagonisti.

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Il reinserimento sociale dopo gli stati detentivi, quest'anno a Torino sembra incrociare le strade della Campania. Dopo il film di Jalongo, Sulla mia pelle, un altro film ambientato in Campania, Portici, alle porte di Napoli, racconta di un possibile percorso di riscatto. I protagonisti sono ventenni che hanno alle spalle piccoli reati dovuti anche alla tossicodipendenza. Ciro, il loro educatore, è un ex giocatore di rugby che con questi ragazzi mette su una squadra e cerca attraverso lo sport di dare una motivazione alla loro esistenza.

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All'interno di questo canovaccio Olivares cuce le storie dei suoi personaggi riuscendo a prendere le dovute distanze dalle banalità narrative, evitando cadute di stile o di ritmo. Il pregio maggiore di I cinghiali di Portici sta nella capacità dell'autore di esaltare l'intimità dei giovani protagonisti. Attraverso l'uso, mai invadente, della voce fuori campo, conosciamo i pensieri di Pasquale, uno dei più turbolenti della comunità, o quelli di Nunzio che vorrebbe dimagrire o quelli di chi vorrebbe partire o, una volta fuori mettere su una piccola attività e di chi sogna, come estremo rifugio, l'esistenza degli alieni. Tutto attraverso l'uso del dialetto strettissimo, tanto da obbligare alla sottotitolazione. L'espediente funziona perché attraverso quelle riflessioni si percepisce il senso di precarietà e di provvisorietà delle loro vite. Ma lo sguardo può allargarsi fino a ricomprendere la precarietà della vita all'interno di una comunità di recupero. Bravi anche i giovani attori e alla loro capacità recitativa che costituisce un ulteriore valore aggiunto all'intera operazione.


In perfetta sintonia con questo diffuso senso di instabilità esistenziale che aleggia sul film arriva il finale tanto aperto da permettere ogni dubbio sul come e sul dopo, legittimando la domanda se mai i loro cancelli si potranno davvero aprire.


Per fortuna Diego Olivares riesce a evitare un altro rischioso stereotipo quello dello sport come mezzo di riscatto sociale, il rugby nel film è solo un altro espediente, è solo un altro strumento per fare comunità, per dare un senso alle giornate e liberare la mente dai cattivi pensieri.


 

Regia, soggetto e sceneggiatura: Diego Olivares;


Fotografia: Cesare Accetta;


Scenografia: Antonio Farina;


Costumi:Lilla Angelotti;


Montaggio: Giuseppe Franchini;


Musica: Zabrinski;


Interpreti e personaggi: Ninni Bruschetta (Ciro), Carmine Borrino (Raimondo), Carlo Caracciolo (Angioletto), Vito Colonna (Mimmo), Vincenzo Gambardella (Vito), Michele Gente (Rocco), Salvatore Grasso (Pasquale), Sergio Longobardi (Salvatore).
Produttore: Donatella Palermo;


Produzione: ASP

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