TORINO 22 – La mano sinistra tra debolezze e vanità…

In concorso il coreano "Ul Gool Up Num Mi Nyeo" (Hypnotized) di Kim In-sik e "Jiang Hu" (La mano sinistra) del regista di Hong Kong Wong Ching Po. Fuori Concorso, "Vanitas", l'ultimo capolavoro di Paulo Rocha.

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Hypnotized e il parasuicidio. Tentativo di morire prima del tempo, quando la quadratura non è compiuta. Ji-su è affetta da disturbi psicologici, è in balia di un senso di vuoto che sperimenta e contempla. Va sotto cura da uno psichiatra che non ha finito di fare i conti con il passato. I due s'innamorano ma lo stato mentale del dottore peggiore perchè scopre di non poter fare a meno della ragazza tramutasi in vera ossessione. E' un abbraccio della debolezza umana quello che sperimenta il regista Kim In-sik al suo secondo lungometraggio. Come quella scalinata che tutti i pazienti del dottore devono salire per giungere nel suo studio per la visita. Ogni gradino una nota musicale a comporre una scala modale "incompleta" (manca appunto la quadratura) che segna una relazione magnetica e disgregante: una relazione ipnotica che ridetermina in senso immaginario la visione e personalizza un rapporto umano in partenza impersonale.

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Jiang Hu (La mano sinistra), di Wong Ching Po (anche per lui è il secondo lungometraggio) è un sorprendente film d'azione a budget ridotto che riscrive le leggi del gangster movie in Hong Kong. Veramente impressionante il substrato urbano e sociale che sottende l'opera. E' una storia di scontri tra capi mafia della città e aspiranti teppisti che lottano per farsi largo. Uno di loro, trova il tempo anche d'innamorarsi di una prostituta prima dello scontro finale sotto una pioggia battente. La macchina da presa freme, in cerca di ritmo e passione in una vita sregolata e senza più regole: più che infrangerle però, i giovani "iniziati" sembrano proprio non conoscerle. Oltre la sfida, l'ostentazione di indifferenza, oltre la trasgressione: la lotta generazionale è una bomba sempre innescata.


Presente a Torino quest'anno anche Paulo Rocha che non è voluto mancare alla prima mondiale del suo ultimo film Vanitas. Lo stesso regista portoghese ha commentato: " Vanitas deriva immagini e poetica da un genere di pittura allegorica fiorito nell'Europa del XVI secolo che rappresenta la lotta delle Vanità di questo mondo contro il Tempo e il Trionfo della morte. In un borgo segreto dimenticato dal tempo, il tema calvinista, di origine olandese, è adattato alla città di Porto dei nostri giorni dominata da un immenso cimitero, il Prado do Repouso, affacciato sul fiume, attraversato da treni e vecchie gallerie abbandonate, e il Colègio dos Orfaos a dominare sul fiume in basso. Lì, in questo paesaggio sublime e degradato, le fragili Vanità Umane, che sono quelle di sempre: la bellezza assoluta, il piacere, la moda, la ricchezza, la gloria, tentano di resistere al naufragio del tempo, al dolore, alla morte, al tradimento, all'oblio. Ci s'immerge in un mondo romanzesco costruito a misura delle eroine eccessive di  Rio do Oro (1998). Percorriamo l'immaginario dell'illusione e della moda con personaggi da melodramma: becchini, bare scheletriche, top model, amori impossibili, sordomuti, sarte, ubriachi, trafficanti". Capolavoro assoluto di un autore che conosce perfettamente cos'è la sospensione: incertezza, malinconia, malessere, poesia, universalità. Come in un quadro di Bailly, Roucha sembra sfidare con impegno ossessivo quella stessa caducità che pure ammette compiaciuto. La fugacità delle cose è evocata non tanto dagli emblemi della vanità terrena, quanto dal loro carattere di rappresentazioni elaborate ad arte. Fragilità ed eternità, tra raffigurazione realistica ed illusione. La vita di un uomo è un sogno, è fumo,vapore, un soffio di vento, un'ombra, una bolla d'acqua, è vanità, è nulla…       

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