TORINO 23 – "Be with me", di Eric Khoo (Concorso)

L'opera del regista gravita intorno a personaggi accomunati da un unico grande desiderio: stare vicino alla persona amata. Un desiderio all'apparenza semplice ma che con il procedere della narrazione si rivela impossibile da realizzare fino a portare all'estreme conseguenze il mancato contatto affettivo fisico e spirituale.

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Primo lungometraggio ad essere selezionato per il Concorso, Be with me è stato pensato nell'estate del 2003, quando il regista Eric Khoo ha incontrato casualmente, durante una cena di matrimonio, Teresa Chan, donna sorda e cieca, in possesso, secondo le parole dello stesso Khoo, di una straordinaria umanità e di un grande amore per la vita, nonostante il destino non sia stato certamente generoso nei suoi confronti. Dall'idea all'azione: nel 2004, in sedici giorni di riprese, il film è stato portato a conclusione ed ha partecipato nel 2005 alla Quinzaine des Realisateurs al Festival di Cannes.

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L'opera del regista gravita intorno a personaggi accomunati da un unico grande desiderio: stare vicino alla persona amata. Un desiderio all'apparenza semplice ma che con il procedere della narrazione si rivela impossibile da realizzare fino a portare all'estreme conseguenze il mancato contatto affettivo fisico e spirituale.


Khoo riduce drasticamente i dialoghi, dando voce invece ad una tecnologia fredda e distante. A parlare sono soprattutto i cellulari ed i computer, con messaggi e lettere virtuali che comunicano in un linguaggio che non rimanda assolutamente all'amore, alla vicinanza fisica (quel contatto mancante che ultimamente è sugli schermi con Crash) ed alla complicità sentimentale, ma al contrario distanzia ulteriormente il corpo e l'anima abbandonandogli inevitabilmente ad una dolorosa solitudine. La parola viene data invece esclusivamente a Teresa Chan, una parola che esce a fatica dalle labbra causa la sordità che fin da bambina l'ha menomata. Una voce stridula, difficile da decifrare ma che riesce ad emanare con quei suoni quasi gutturali un calore inimmaginabile e assolutamente necessario. Opera dunque che scava nei meandri dell'incomunicabilità, della chiusura ermetica e Khoo  esplicita questa sua visione nella prima inquadratura quando la mdp riprende uno dei protagonisti intenti a chiudere il suo negozio di generi alimentari: lenti gesti che spengono le luci e abbassano la saracinesca, metafora dell'animo umano che si rinchiude in se stesso, lasciando all'esterno una vita con le sue brutture e le sue ingiustizie (ma anche le sue bellezze). Bellezze che Teresa Chan riesce ad evidenziare, a portare alla luce malgrado il suo sguardo sia circondato solo dall'oscurità. L'ultima sequenza lascia un segno di speranza in antitesi a quella iniziale. L'abbraccio tra Teresa ed il proprietario del negozio di alimentari (rimasto vedovo) lancia una nuova possibilità di apertura verso la vita, capace di donare ancora  infiniti attimi di serenità. La saracinesca è nuovamente alzata.

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