TORINO 23 – "Le Domaine Perdu", di Raoul Ruiz (Fuori Concorso)

Il sempre prolifico Raoul Ruiz presenta a Torino un film di denuncia che ripercorre la rovina di un paese dilaniato, ma che si pone anche come racconto di un'amicizia che travalica le frontiere del tempo, alla ricerca dell'innocenza perduta negli occhi di un bimbo e nel volo di un aeroplano.

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Dal 1968, anno del suo esordio al cinema con Tres Tristes Tigres, ad oggi, il cileno Raoul Ruiz è sempre stato regista poliedrico e prolifico. Quasi cento film realizzati in trentacinque anni, e un'attenzione mai dimenticata alle vicende storico-politiche che hanno caratterizzato l'evoluzione del suo paese natio e poi della Francia, dove si rifugiò dopo l'esilio causato dal colpo di stato di Pinochet e dove vive tuttora. Le Domaine Perdu, presentato a Torino Fuori Concorso, si snoda lungo un lungo periodo che ripercorre la vita di Max, raffigurato in diversi punti della crescita, dell'età adulta e della vecchiaia, e dell'amico Antoine, in un connubio d'umanità che si spinge oltre all'immancabile decadimento fisico, superando anche la fine d'ogni ideale politico e morale. Attraverso la fascinazione innocente di un bambino ammaliato dal volo di un aeroplano pronto a librarsi in cielo per sorvolare le miserie della vita, passando per la cruda vacuità della seconda guerra mondiale, fino a giungere alle prigioni dittatoriali del Cile di Pinochet, il film codifica echi letterari ben precisi (il soggetto è Il Grande Meaulnes di Alain Fournier), alla ricerca di una coscienza collettiva dispersa negli orrori della morte. Film di denuncia, elogio dell'amicizia che travalica le frontiere, racconto iniziatico di una vita immaginata ancor prima che realmente vissuta, con Le Domaine Perdu Ruiz c'invita a spiegare le ali verso l'infinito, elogiando piccole grandi bellezze fotografate dal ricordo: il piacere di porsi alla lettura di un romanzo mentre fuori esplodono le bombe, un dramma radiofonico declamato da attori vestiti con il costume di scena così da fondere insieme teatro e comunicazione di massa, il rimanere inebetiti ad osservare le buone maniere di un uomo perfino capace di usare con il giusto metodo forchetta e coltello. Materiale ampio ed eterogeneo, che Ruiz manipola talvolta con fare eccessivamente retorico e con disuguale intensità emotiva e scenica, ma che sa cogliere nel segno proprio nei piccoli gesti, negli sguardi fanciulleschi, nell'ironia stemperata che ammanta il dramma di un paese dilaniato. Resta l'innocenza lontana, che mai più tornerà, ma che sempre resterà fissata negli occhi di un bambino a braccia alzate verso il cielo.

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