TORINO 28 – “Last Chestnuts”, di Zhao Ye (Concorso)

last chestnuts
E’ il cinema di Naomi Kawase ad ispirare il cinese Zhao Ye che riprende il magnifico viaggio di The Mourning Forest, e cerca di tracciarne una deviazione possibile, un cammino altro eppure parallelo. Last Chestnuts segue i passi disordinati di una madre, la straordinaria Kaori Momoi, alla ricerca di una presenza residuale di vita, capace di resistere alla morte
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last chestnutsCinema del ritorno, bisogna voltarsi indietro e affacciarsi sull’indicibile per poter continuare ad andare avanti, per calpestare un presente che, nell’imprevedibilità del suo scorrere, ridisegna le immagini del passato e continua a farle esistere. Last Chestnuts è un cammino a ritroso, lungo una topografia del lutto che si fa elaborazione del dolore e che a tratti sembra specchiarsi nella follia. E’ il cammino intrapreso da una madre, la straordinaria Kaori Momoi, alla ricerca di una rivelazione in grado di colmare l’assenza, come se vivificando l’inalterabile staticità delle fotografie che resistono alla morte fosse possibile ritrovare una presenza residuale di vita. Sono infatti gli scatti lasciati dal figlio improvvisamente scomparso a ispirare il suo errare vacillante, reso ancora più malfermo da una macchina da presa sempre a spalla, che segue paziente il peregrinare disordinato della protagonista e ad ogni sobbalzo lascia risuonare i silenziosi sussulti dell’anima. I luoghi continuano a raccontare i corpi, anche dopo la loro scomparsa, ne custodiscono il mistero e ne prolungano le emozioni, i sentimenti segreti. Attraverso il devastante dramma di una madre, Last Chestnuts riscopre lentamente, con una meraviglia grondante disperazione, le istantanee di quella vita perduta, l’amore per una ragazza, le speranze di un figlio che vuole riportare a casa la madre malata e che intraprende un viaggio senza ritorno per regalarle un cesto pieno di castagne. Zhao Ye dissemina il suo film di ritrovamenti, di rivelazioni, come la castagna che il vecchio ha messo davanti alla sua foto o le sigarette che Kaori Momoi continua a far bruciare, quasi fossero un’offerta votiva per consumare le sue carni ed essere finalmente chiamata, anche lei, da quegli dei ai quali ha dovuto consegnare il figlio. Oltre la presenza della madre, che invoca perdono per esser rimasta e che si perde nelle traiettorie imprevedibili di un dolore senza fine, oltre la devastante palpabilità del vuoto e della morte, la vita continua ad esser tramandata nel suo eterno divenire lungo le geometrie della città dove Kaori Momoi (e noi con lei) erra in cerca delle tracce del figlio perduto. Si tratta di Nara, città natale di Naomi Kawase e centrale nella filmografia-vita della regista, che in Last Chestnuts figura come produttrice del film, nato all’intero del progetto NATAtive del Nara International Film Festival. E difatti, è il cinema della Kawase ad ispirare il cinese Zhao Ye che, giunto al suo terzo lungometraggio, questa volta in terra nipponica, riprende il magnifico viaggio di The Mourning Forest, e cerca di tracciarne una deviazione possibile, un cammino altro eppure parallelo, dove si ritrovano gli stessi corpi, ma con una seconda carne, come quello dell’anziano che si era spinto nella foresta del lutto, per poterla finalmente abbracciare, e che in Last Chestnuts diventa la guida di Kaori Momoi accompagnandola nel suo viaggio di riappropriazione del dolore. Un viaggio che culmina, di nuovo, in un abbraccio, dolce, definitivo. E terribile.
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