TORINO 28 – "Little Rock", di Mike Ott (Figure nel paesaggio)

little rockScontro con l'America e le sue contraddizioni, incontro con la dolcezza e la lievità della  vita di provincia: senza le parole come fonte di comunicazione si scoprono ancora più puri i sentimenti e le emozioni; così Atsuko compie un doppio viaggio, nel passato del proprio Paese d'origine e all'interno di se stessa per ritrovare il contatto col fratello

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Perché gli sguardi e i gesti possono sostituire le parole, perché non sono solo i suoni che comunicano, perché il passato non deve distruggere il presente con l’odio e l’incomprensione. Rintaro invece sembra essere sordo a tutto questo e nel suo viaggio in America non riesce ad evitare di rimanere diffidente verso i giovani americani che lo accolgono assieme alla sorella Atsuko mentre sono bloccati per un guasto meccanico nella piccola Little Rock. Il ragazzo capisce e parla inglese e forse proprio per questo suo eccessivo sapere non può fare a meno di scappare ed andarsene a differenza della giovane che pur non sapendo comunicare a parole, se non in giapponese, rimane affascinata ed attratta dalle attenzioni dell’aspirante attore Cody e dal silenzioso Jordan. I suoi giorni sola nella cittadina californiana sono l’occasione per scoprire un’America contraddittoria, violenta e dolce, piena di rancore eppure capace di grandiosi gesti umani.
Mike Ott, regista di videoclip, guarda il proprio Paese con pietà e riconoscenza e il mondo di provincia in cui si tuffa è il riassunto completo di ogni luogo conosciuto: le feste alcoliche e i semplici giri in bici si succedono con lentezza quasi innocente e anche i problemi sembrano lievi. Isola felice, breve attimo di sospensione nella vita di Atsuko, Little Rock rimane nel suo cuore un capitolo di gioia spensierata, punto di partenza per riallacciare i rapporti col fratello, distante ed orgoglioso, deciso ad onorare la memoria degli avi morti nel campo di prigionia di Manazar durante la Seconda Guerra Mondiale.
Little Rock è una pausa di cinema in cui la telecamera si adatta allo sguardo curioso della protagonista e ce la mostra così presente nel non-conosciuto, così padrona di ogni situazione nonostante l’ostacolo della lingua, da creare una tensione soffusa e nascosta che esplode in tutta la sua drammatica dolcezza nel dialogo finale al telefono tra Atsuko e Cody: in due lingue diverse e senza capirsi i due ragazzi si dicono le stesse cose, ma solo lei sembra capire anche l’altro.
Un viaggio in America, un viaggio dentro il proprio sé sconosciuto e apparentemente incomprensibile, in realtà molto più afferrabile di quanto si pensi.
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