TORINO 28 – "Suck", di Rob Stefaniuk

Un gruppo di rockettari cerca di sfondare nel difficile mondo dello showbiz musicale; il leader è il classico perdente inconcludente, con un grande sogno nel cassetto ma senza il talento e la perseveranza necessari per realizzarlo. E allora, quasi per caso, la bassista della band si fa vampirizzare. E il successo inizia ad arrivare. Stefaniuk non vuole cavalcare l’onda di un fenomeno che, negli ultimi anni, è tornato a fare la voce grossa nelle preferenze del pubblico. Ma sfruttare la figura classica del vampiro per dare vita a qualcosa di nuovo.

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E’ da qualche anno ormai che il cinema, soprattutto statunitense e canadese, sembra aver riscoperto un genere: l’horror-comedy. Dopo i fasti degli anni ’80, soprattutto con la trilogia de La casa di Sam Raimi e il genio di Joe Dante, la prima decade del nuovo millennio sta portando nuova linfa e nuove idee, rivisitando e ridefinendo alcune figure storiche della cultura horror. Trovando nuovi spunti e prendendosi il lusso di dileggiare archetipi inossidabili come zombie, mummie e vampiri. Da Bubba Ho-Tep di Don Coscarelli (tratto dal romanzo breve omonimo dello scrittore texano Joe Lansdale), passando per Shaun of the dead (L’alba dei morte dementi da noi) di Egdar Wright, fino ad arrivare ai più recenti My name is Bruce (regia ed interpretazione di un’icona del genere, Bruce “Ash” Campbell, che fa il verso a se stesso), al ritorno di Raimi con Drag me to hell e la gemma Benvenuti a Zombieland di Ruben Fleischer.
Qui in Italia raramente fanno breccia, spesso neanche arrivano nelle sale, ma sono in grado di creare una nicchia di fan sfegatati, letteralmente assetati di prodotti simili. Ben altro discorso in terra americana, dove sono cultori del trash elevato a forma d’arte.
Suck
, diretto ed interpretato da Rob Stefaniuk, va ad ascriversi in questo novero di titoli. Anche se, probabilmente, non è sullo stesso livello dei film citati; questo perché l’assunto straordinariamente originale da cui parte la storia, forse, non ha degno sviluppo, soprattutto nel finale.
Un gruppo di rockettari cerca di sfondare nel difficile mondo dello showbiz musicale; il leader è il classico perdente inconcludente, con un grande sogno nel cassetto ma senza il talento e la perseveranza necessari per realizzarlo. E allora, quasi per caso, la bassista della band (ex-fiamma del protagonista) si fa vampirizzare da una figura ambigua e fascinosa, che richiama alla memoria, come carisma e presenza,  Dracula. E il successo inizia ad arrivare, così come la voglia da parte degli altri membri di provare l’ebbrezza dell’immortalità. Sicuramente metafora neanche troppo velata di un mondo (quello dello spettacolo) dove per emergere è necessario non porsi limiti e non guardare in faccia nessuno, dove l’obiettivo è la fama imperitura. Colpisce però più per la capacità di creare gag divertenti e provocatorie (mai visto un vampiro succhiare sangue con una cannuccia infilata nel collo di un povero disgraziato?) e per l’uso della colonna sonora, parte integrante della trama, composta quasi interamente per il film. Riesce a far abboccare all’amo sia cinefili che appassionati di musica (straordinario il pezzo in cui gli Winners, nome della band, replicano la copertina di Abbey Road dei Beatles, loro che vanno in tourneé guidando un carro funebre). Insomma gli ingredienti per diventare un piccolo cult ci sono tutti. Merito soprattutto della partecipazione straordinaria di un cast di contorno d’eccezione. Alice Cooper, Iggy Pop, un divertentissimo cammeo di Moby e il leggendario Malcolm McDowell, nei panni di Eddie Van Helsing, cacciatore di vampiri (forse discendente dell'Abraham di Bram Stoker), tormentato da un passato che non riesce a mettersi alle spalle.
Stefaniuk non vuole cavalcare l’onda di un fenomeno che, negli ultimi anni, è tornato a fare la voce grossa nelle preferenze del pubblico. Ma sfruttare la figura classica del vampiro per dare vita a qualcosa di nuovo. Hanno sicuramente più dignità i suoi succhiasangue, caricaturizzati e presi in giro, piuttosto che versioni più recenti che brillano alla luce del sole e si struggono d’amore.
Obiettivo, complessivamente, centrato.

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