TORINO 28 – “White irish drinkers”, di John Gray (Concorso)

White irish drinkersIn White irish drinkers tutto è prevedibile, ma tutto straordinariamente funzionante. John Gray lavora su una solidità di impianto assolutamente collaudata, a prova di scossa di tellurica, la contropartita è che il suo film non brilla per originalità incastrato com’è tra i caratteri dei personaggi, i loro intuibili comportamenti e gli esiti, tutti prevedibili, della storia. Il pubblico comunque ne apprezzerà la sincerità degli intenti.

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White irish drinkersWhite irish drinkers è un solido melodramma familiare che fonda la propria forza espressiva soprattutto sulla nettezza dei personaggi, sulla storia dalle forti emozioni che evoca contrasti generazionali, temperati dai forti affetti familiari, balsamo sempre efficace anche nelle più dure controversie domestiche. Da non trascurare le qualità attoriali di Karen Allen e di Stephen Lang i due volti più noti del film, ma non da trascurare il viso aperto e istintivamente simpatico di Nick Thurston (Brian) e il ghigno malandrino di Geoff Wigdor (Danny).

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Due fratelli, uno buono, Brian e l’altro”cattivo” Danny, un padre bevitore e una madre comprensiva. Il fratello buono ha uno spiccato talento artistico, quello cattivo non ha talento e altro non può fare che il criminale. Il fratello buono, vive un amore controverso con Sauna e lavora con Whitey proprietario di un cineteatro, ossessionato dai debiti. I Rolling Stones dovrebbero venire a suonare nel locale di Withey un sabato sera. Il dramma della famiglia Leary si consuma nell’attesa dell’evento.

Il film contiene tutto l’armamentario necessario per dare fondamento ad un classico racconto di sentimenti nel solco di una consolidata tradizione. Un’opera in cui l’adesione forte alla realtà è quasi assoluta, distaccandosene soltanto per la necessità di raccontare gli snodi drammatici della vicenda. L’iperbole narrativa determina un abbandono temporaneo del principio di realtà per tornare dentro le regole della finzione con adesione ai caratteri fondamentali del melodramma.

John Gray lavora su una solidità di impianto assolutamente collaudata, a prova di scossa di tellurica, la contropartita è che il film non brilla per originalità incastrato com’è tra i caratteri dei personaggi, i loro intuibili comportamenti e gli esiti, tutti prevedibili, della storia.

Tutto in verità è prevedibile in White irish drinkers, ma tutto straordinariamente funzionante. Il merito, probabilmente, va attribuito alla generale simpatia dei personaggi, ad una sceneggiatura puntuale e senza possibili sbavature, ma non soltanto. In genere, le storie che raccontano i forti conflitti familiari, godono di una particolare presa emotiva che assorbe l’attenzione dello spettatore che riconosce dentro quelle dinamiche i pezzi mancanti o meno della propria vita. Si attiva comunque, magari parzialmente, un processo identificativo molto forte con i personaggi.

Si intuisce che Gray non ha rischiato con questo film e il pubblico comunque ne apprezzerà la sincerità ispiratrice degli intenti che lo caratterizza. In ogni caso Gray si destreggia bene nella caratterizzazione e nella direzione degli attori, imprimendo alla storia un ritmo incalzante con un inatteso sottofinale. I problemi dell’ambientazione temporale sono astutamente superati, con esemplare essenzialità, con una limitata esposizione di oggetti d’epoca e con qualche altro espediente (la musica soprattutto) che ricorda il periodo.  

 

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