TORINO 29 – Le "Onde" del destino

twenty cigarettes
Nei primi giorni di Festival due folgoranti apparizioni riemergono da Onde, spregiudicata sezione di esperienze visive uniche. Un corto svedese, Sent Pa Jorden (Late on Earth) di John Skoog e un lungo statunitense, Twenty Cigarettes di James Benning. Il cinema non è vana illusione, falso movimento, tramonti scandinavi e venti primi piani ritrovano nel movimento/cinema (visibilmente quasi azzerato) la radice stessa del pensiero

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sent pa jordenNei primi giorni di Festival due folgoranti apparizioni riemergono da Onde, spregiudicata sezione di esperienze visive uniche. Un corto svedese, Sent Pa Jorden (Late on Earth) di John Skoog e un lungo statunitense, Twenty Cigarettes di James Benning. Il primo è un’escursione paesologa, in un mondo in cui sembra che ancor tutto debba compiersi e che invece è già tutto compiuto. Nella vita tranquilla della campagna svedese, tutto è sospeso e vagheggiante e al tramonto la vita è pronta a riavvolgersi su se stessa. Il principio non è la speranza né la disperazione, il principio è un vago sfinimento, una sommatoria di destinazioni senza destino. Una danza assurda e fuori fuoco, al sole calante sulla notte, un girare a vuoto che trasforma le giornate, le priva di quel lievito colloso che ci unisce alla terra, che ci tieni avvitati al cosmo. La verità è che da quando abbiamo smesso di credere all’invisibile tutto il visibile non ci basta più e ci basterà sempre meno. John Skoog, gira una scena al giorno, sempre alla stessa ora, e già imprime una poderosa grazia di sguardo da tenere d’occhio in futuro, senza ombra di dubbio.

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twenty cigarettesTwenty Cigarettes è l’ultimo lavoro di uno dei più grandi autori sperimentali statunitensi, James Benning (quest’anno in Onde c’è anche l’ultima opera di Jonas Mekas…). Venti fumatori da tutto il mondo, per venti primi piani fissi. Circa 5 minuti a testa e il gioco è fatto. Ritratti serigrafici, che raccontano più di quanto mostrano, che credono appunto all’invisibile, o meglio alla forza dell’immagine capace di aggirare la persistenza del pregiudizio platoneggiante che l’immagine sia semplicemente la copia di un modello. Le aspettative e i desideri dello spettatore si amplificano nel silenzio assordante della sala e le immagini quindi non si limitano a rendere presente un originale assente, ma lo ricreano conferendogli una nuova originalità. I primi piani sanciscono la nascita di un oggetto completamente nuovo, negli sfondi cromatici riavvolgenti, proprio come nella vita al tramonto di John Skoog. Le immagini sono repliche, ma è l’occasione di vedere di più o, come direbbe Paul Klee, di “rendere visibile” la realtà che abbiamo sotto gli occhi. Guardare il mondo o i suoi volti non è operazione scontata (anche Mathieu Amalric ne L’illusion Comique lo ricorda) . Visibile e invisibile divengono le due facce reversibili della medesima visione: si contano i minuti, si contano le rughe, le boccate, gli anelli di fumo, gli sguardi in macchina, in area, verso il basso, che chiedono di superare i confini di un’inquadratura. Il cinema non è vana illusione, falso movimento, John Skoog e James Benning ritrovano nel movimento/cinema (visibilmente quasi azzerato) la radice stessa del pensiero.

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    Un commento

    • che meraviglia, non vediamo l'ora di leggere di Son of a Gun di Antoine Barraud, sempre in ONDE!