TORINO 29 – "Les Éclats", di Sylvain George (Festa Mobile: Paesaggio con figure)

Fotografato in un abbacinante bianco e nero, il lavoro del documentarista francese penetra sottopelle e lacera lo sguardo, inquadrando un microcosmo multietnico e sotterraneo che tale più non vuol essere, desideroso di emergere alla luce del sole. Il cinema insomma, in grado di scuotere le coscienze più di tediosi dibattiti ed inutili proclami. PREMIO MIGLIOR DOCUMENTARIO TORINO FILM FESTIVAL 29

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Il documentario vincitore della sezione Festa Mobile: Paesaggio con figure è un viaggio coraggioso e senza compromessi, composto di frammenti (da qui il titolo Éclats) di vite vissute ai margini della società, desiderose di partire per una destinazione tanto agognata quanto difficilmente raggiungibile. L’opera di Sylvain George che torna a Torino dopo due anni, mostra il  vivere quotidiano di clandestini giunti nella città  di Calais, nel nord della Francia, nell'attesa di attraversare la Manica, sbarcare in Inghilterra e vivere nella "terra promessa" un'esistenza migliore (tema presente anche nel bellissimo film Welcome, presentato al TFF 27). Fotografato in un abbacinante bianco e nero, il lavoro del documentarista francese penetra sottopelle e lacera lo sguardo, inquadrando un microcosmo multietnico e sotterraneo che tale più non vuol essere, desideroso di emergere alla luce del sole. Corpi provenienti dagli angoli più poveri e remoti della Terra, si stagliano dinanzi all'occhio artificiale di George per farsi testimoni della tragedia che gli ha costretti ad abbandonare le loro terre, morti che camminano senza riuscire a scorgere un orizzonte di speranza, non v’è rabbia nei loro occhi, solo rassegnazione per quella condizione di "perenne passaggio" ancorata ad una dimensione intangibile. Ma è una rassegnazione che non si tramuta in resa per non lasciare spazio alla sconfitta ultima e definitiva, cercando al contrario una possibilità di salvezza. Le immagini ruotano intorno a luoghi chiave della clandestinità : il porto, dove l'attesa per imbarcarsi in qualche nave è fremente così come grande è la paura di essere scoperti dalla polizia, un prato dove consumare un pasto frugale, una strada periferica, ideale per mimetizzarsi. Sequenze di deflagrante potenza  nella loro essenzialità ed immediatezza, misurate e allo stesso tempo destabilizzanti, capaci di far intendere ancora una volta, come un primo piano, un dettaglio, il cinema insomma,  sia in grado di scuotere le coscienze più di tediosi dibattiti ed inutili proclami.

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