TORINO 30 – "Shell", di Scott Graham (Concorso)

Shell di scott graham

Basato sull'omonimo cortometraggio del 2008, Shell di Scott Graham rivela la coerenza della poetica del giovane autore scozzese, tutta incentrata sul rapporto intimo tra uomo e paesaggio, quello selvaggio e ostico delle highlands, dagli inverni perenni, in cui il gelo penetra nelle ossa e nell'anima dei suoi abitanti. Un cinema impercettibile, attaccato a frammenti del quotidiano in cui lo sguardo della macchina da presa si imprime sui paesaggi, gli oggetti, senza mai la tentazione di una prospettiva estetizzante

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Torino film fest ShellBasato sull'omonimo cortometraggio del 2008, premiato allo Uk Film Council, Shell di Scott Graham ripercorre alcuni temi del precedente Native Son (Semaine de la critique di Cannes 2010), rivelando la coerenza della poetica del giovane autore scozzese, tutta incentrata sul rapporto intimo tra uomo e paesaggio, quello selvaggio e ostico delle highlands, dagli inverni perenni, in cui il gelo penetra nelle ossa e nell'anima dei suoi abitanti.

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È in questo ambiente che vive la diciasettenne Shell – "come la benzina?" le chiede uno dei rari avventori "come quella cosa unica e preziosa che si trova in fondo al mare", risponde lei – cresciuta col padre Pete, in una casa-officina-stazione di benzina in mezzo al nulla.

 

Graham osserva il lento ripetersi dei giorni, tra faccende domestiche, piccole avventure – il soccorso a una coppia che ha investito inavvertitamente un cervo, la corsa dietro un’auto per restituire a una bambina la bambola dimenticata – e i pochi contatti umani con gli uomini della sua vita: un padre accudito come un compagno, da abbracciare nelle notti gelide e di cui curare le crisi epilettiche; un cliente solo e disperato che offre jeans in cambio di un gesto d’affetto e Adam, il ragazzo che potrebbe darle amore ma che la bloccherebbe lì.  

 

È un cinema impercettibile quello di Shell, attaccato a frammenti del quotidiano che costruiscono una trama fitta ma invisibile, in cui lo sguardo della macchina da presa si imprime sui paesaggi, gli oggetti, i corpi senza mai predeterminarli, in direzione opposta a un’operazione come quella del belga La cinquième saison, in concorso all’ultimo festival di Venezia, in cui l’analogo confronto umanità-paesaggio veniva letto attraverso una prospettiva estetizzante, densa di riferimenti pittorici e filosofici.

Graham rinuncia invece qui alla tentazione dell’apologo apocalittico e pur dando corpo a un racconto che si nutre della bellezza delle immagini lo fa appoggiandosi a un paesaggio familiare, di cui conosce bene le insidie ma che non può tuttavia impedirsi di amare. Allo stesso modo della sua protagonista, lieve come la Felicia di Atom Egoyan e bloccata tra un futuro incerto e una vita già scritta come la Evelyn joyciana, riempie di uno sguardo intimamente doloroso ogni inquadratura, un sentimento profondo e conflittuale come quello che lega Shell e Pete.

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