TORINO 31 – Enough said – Non dico altro, di Nicole Holofcener (Festa mobile)

Enough said

Enough said sa coniugare una certa leggerezza con un sapiente dosaggio di elementi propri dello spettacolo. Palesemente prevedibile nel suo sviluppo, non particolarmente originale nella sua ambientazione, sicuramente consueto nella costruzione dei personaggi, è un film che funziona perfettamente grazie ad una solidità di scrittura, ad una spigliata messa in scena e ad una regia attenta e curatissima

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Enough saidLa distanza, da colmare eternamente, nella cinematografia di intrattenimento, tra i prodotti hollywoodiani e quelli che abbiano qualsiasi altra etichetta, sembra potersi misurare, proprio da film come questo Enough said che sa coniugare una certa leggerezza con un quanto mai sapiente dosaggio di elementi propri dello spettacolo da potere costituire testo da scuola di cinema. Prodotto eminentemente televisivo, palesemente prevedibile nel suo sviluppo, non particolarmente originale nella sua ambientazione, sicuramente consueto nella costruzione dei personaggi, ma nello stesso tempo altrettanto decisamente perfetto e funzionante, nei suoi meccanismi di assoluta prevedibilità da catturare di continuo l’attenzione dello spettatore. Tanto ciò è vero che si sta seduti sulla poltrona, seguendo le storie di personaggi di si cui conoscono perfettamente le reazioni e le vicende arrivando a prevedere il ”come va a finire”, senza fare una piega, uno sbadiglio o guardare l’orologio.

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La reiterazione delle situazioni nel cinema e nello spettacolo in genere non costituisce deterrente alla visione
. Questa prospettiva contrariamente all’opinione dominante, che vorrebbe che solo l’idea nuova, l’invenzione scenica assolutamente originale, sia fondamento necessario per l’apprezzabilità di una qualsivoglia proposta cinematografica, trova conferma proprio dopo la visione di un cinema così prevedibile come quello che, in genere, propone la nostra regista newyorkese. Il pubblico e la Holofcener lo sa, ama e vuole essere rassicurato, vuole essere condotto lungo percorsi già attraversati, camminando la dove il terreno è stato già saggiato. È solo la solidità della scrittura a riuscire a dare vita all’interesse. Enough said appartiene a questo novero di opere pensate per un pubblico anche e soprattutto televisivo, destinato a riempire i palinsesti delle tv commerciali o a pagamento dentro le consuete nostre serate televisive, rinnovando magari il piacere della visione secondo la regola del “tutto assicurato”, ancorché risucchiato dentro quel gorgo catodico, passando da un prime time, ad un preserale. Il successo di opere come questa deriva sicuramente dalla spigliata messa in scena, curata da una regista esperta e dalla Enough saidcarriera televisiva lunga e corposa come la Holofcener già autrice di molti episodi di Sex and the city e da film dall’aria molto romantica come Parlando e sparlando. Qui la storia è quella di una relazione matura e di un intrigo nato da un equivoco, in cui la protagonista, la piacente Eva, si innamora del goffo Albert. Ma Albert è James Gandolfini, al quale il film è dedicato, che forse ha chiuso la sua vita d’attore su questo set e la sua presenza valorizza il film. Ma Enough said riesce a funzionare, anche per merito della schiera d’attrici di consumata esperienza, Julia Lous-Dreyfuss, Catherine Keener, Toni Collette che fanno da contorno al già citato Gandolfini, grazie ad una scrittura incalzante, ad una struttura collaudata, in altre parole è uno di quei film per cui alla fine ci si domanda cosa abbia trattenuto in sala, tanti spettatori così attenti, accorgendoti di essere stato uno di loro, condividendo la leggerezza della sua regista nel disegnare la vita di quei personaggi, depurata dai momenti noiosi dell’esistenza, che, come diceva qualcuno, pare sia uno dei compiti del cinema. Nicole Holofcener e la sua equipe hanno imparato da tempo questa semplice, ma non semplicistica lezione.

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