TORINO FILM FESTIVAL 26 – "Quemar las naves", di Francisco Franco

Il melodramma è un terreno in cui è spesso facile, per un regista, perdere il controllo delle proprie ambizioni e dei propri eccessi. E' purtroppo quello che succede a Francisco Franco in un film in cui le buone intenzioni e l' ironia non riescono ad evitare un risultato scontato

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Quemar las navesHelena e Sebastian sono due fratelli che vivono in una grande casa insieme alla madre cantante che sta per morire. I due vivono un rapporto morboso e opprimente, nel quale Helena, la più grande dei due, prevarica incontrastatamente sul fratello. La strana sospensione atemporale in cui sono immersi si interrompe ed esplode quando la madre muore e Sebastian si innamora di “Scarface”, un ragazzo difficile appena arrivato nella sua scuola. Ambizioso nel suo voler essere un melodramma viscontiano, “Quemar las naves” del messicano Francisco Franco, è un film che non corrisponde alla sue premesse. Azzeccato il titolo e la sua metafora, quel dover bruciare le navi, fare piazza pulita del proprio passato per cominciare a vivere per davvero. Funziona la prima parte del film, con il suo ritratto, di un Messico tutto in interni, dove adolescenti e giovani crescono tra scuole religiose poco disciplinate e enormi cortili ombreggiati. Ma presto tutto si impantana in un impasto eccessivo quanto scontato. La forma melodrammatica è forse uno dei terreni dove è più facile, per un regista, perdere il controllo delle proprie ambizioni, dei propri eccessi e del proprio ego. Purtroppo è quello che succede a Franco. Ed ecco che una buona intenzione, come quella di mostrare e nascondere al tempo stesso, di raccontare in modo delicato la storia d’ amore tra Sebastian e “Scarface”, si perde nel nulla con la sparizione insensata di quest’ultimo. Non si capisce perché Franco se ne sia voluto liberare, dato che la sua presenza era non solo funzionale ma essenziale alla struttura stessa del film. Da qui in poi il film precipita completamente su se stesso senza possibilità di recupero. Il rapporto tra Helena e Sebastian, e quello antecedente tra i due fratelli e la madre è perso nelle canzoni e in una serie di gesti e di pantomime almodovariane. Alquanto misogino, con una micro galleria di donne o mostruosamente accentratrici o assolutamente prive di personalità, Franco non riesce però a contrastare la presunta negatività femminile con figure maschili degne. Sebastian rimane una figura in ombra, la sua volontà di rottura adolescenziale rimane inconsistente come il suo carattere. Mentre è Helena che domina il film, controversa e inaccessibile, grazie anche all’ interpretazione appassionata e precisa di Irene Azuela. In alcuni momenti Franco usa l’ ironia come chiave di lettura per il dramma, riuscendo anche a strappare qualche sorriso. E quelli in cui sembra non prendersi troppo sul serio sono senza dubbio i momenti migliori del film. Per il resto “Quemar las naves” fallisce nel suo tentativo di bruciare le navi, di essere un melò sull’ adolescenza e sulla ribellione, e si accartoccia auto compiaciuto su sé stesso, sulle sue trovate egocentriche, finendo per diventare inevitabilmente scontato.

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