TORINO FILM FESTIVAL – "Per chi avesse voglia di guardare alla realtà, l'atmosfera di "crisi" e di allarme creata intorno al festival aveva la credibilità delle armi di distruzione di massa in Iraq" – La parola a …

Dalle pagine nazionali la vicenda del TFF è "tornata" sulle cronache locali e gli ex direttori sono rimasti silenziosi osservatori del grande cambiamento in arrivo. Dopo Turigliatto ha finalmente detto la sua anche Giulia D'Agnolo Vallan, che su La stampa (Torino) ha rilasciato un'intervista che riteniamo sia interessante offrire ai nostri lettori

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FESTIVAL DI CINEMA – Questo dibattito… 

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Una lettera di premessa


Ciao Federico, Ti chiederei di mettere la versione integrale dell'intervista. E' sempre breve e meno elaborata di quello che ci sarebbe da dire. Ma è meno a singhiozzo. Grazie e molti saluti,



Giulia (D'Agnolo Vallan)



PS ti segnalo anche che, contrariamente a quanto letto su uno degli interventi a riguardo del festival, non solo "il manifesto" ha pubblicato una lunga intervista a Pedro Costa in occasione della proiezione del suo ultimo film al Torino Film Festival ma, proprio a Torino, il film di Pedro ha trovato un distributore per il Canada. In occasione dell'uscita del film, I canadesi hanno anche messo su una grossa retrospettiva. Non che io creda che I festival siano fatti per servire ai film (per me devono fare cultura), ma in questo caso particolare un festival è anche servito.


L'intervista integrale


Perché hai detto no a Nanni Moretti?


 


La prima volta che mi ha chiesto di lavorare con lui c'era un problema istituzionale grosso come l'Empire State Building. Il "nuovo festival" del Museo nasceva contro l'Associazione cinema giovani di cui faccio parte, e che ha protetto la crescita del TFF per 24 anni. La seconda volta e' stato un no molto più difficile, perché significava rinunciare a uno spazio – Americana – che ho inventato circa dodici anni fa e a un lavoro più complessivo sugli Stati Uniti a cui tengo moltissimo e che ha fatto sì che Torino sviluppasse un rapporto con il cinema americano che non ha pari in altri festival, italiani o europei.  Ma continuare quel lavoro in un contesto che, già con l'eliminazione di "Detours", si annunciava più normalizzato, con una selezione di film nuovi fatta da altri, e un'organizzazione generale dipendente non capisco da chi, mi sembrava un passo indietro, anche rispetto agli ultimi anni in cui non ero ancora direttore del festival . Quindi ho preferito lasciare perdere. E poi ci sono occasioni in cui uno ha solo il proprio nome e la propria credibilità professionale per avallare, o meno, certe operazioni.  Ho preferito tenermeli.


 


Secondo Barbera avete inteso come ingiuste critiche al vostro lavoro la mera volontà di rafforzare la rassegna. E' andata così?


 


Per chi avesse voglia di guardare alla realtà, l'atmosfera di "crisi" e di allarme creata intorno al festival aveva la credibilità delle armi di distruzione di massa in Iraq. Ma era necessaria a gettare le basi del ribaltone istituzionale che c'è stato.  Ci si è arrivati con una campagna di disinformazione, ufficiosa e non, favorita anche da una classe mediatica poco curiosa, acritica, e spesso appoggiata sui poteri. Rafforzare il festival -che e' un oggetto complesso e delicato- era nell'interesse di tutti (di ripensare in modo radicale la comunicazione, con Alberto parlammo già nel gennaio 2006).  Invece lo si è preso a picconate, e con lui quelli che lo hanno fatto. Comunque è chiaro che, nell'ottica di questo "rafforzamento", Roberto ed io non siamo mai stati considerati degli interlocutori reali. Il che è offensivo dal punto di vista professionale, discutibile da quello umano (ci abbiamo lavorato con passione e competenza per molti anni) e di scarsa lungimiranza se, veramente, si voleva che continuassimo a esserci.


 

Come pensate che sarà il Festival senza di voi?


 


Non sta a me valutarlo.  Credo che il nostro lavoro – da direttori e non – parli da sé -lo si trova sul sito del TFF.


 


Che opinioni o previsioni vi sentite di esprimere sul festival diretto da Moretti?


 


A Moretti ho fatto I miei migliori e più sinceri auguri. Abbiamo anche scherzato sulla mia passione per l'horror. Lavorare con lui sarebbe stato interessante.


 


Che fai ora?


Il mio libro su Landis sta per uscire in USA, e Adell Aldrich è molto interessata a lavorare a un documentario su suo padre.  Intendo però continuare il lavoro fatto sul cinema americano in Italia, anche se in altri spazi.


 


Qual è il tuo stato d'animo? 


 


George Romero mi ha scritto una lettera molto affettuosa e preoccupata sul destino del festival. Alla fine, mi chiedeva scherzosamente se preferivo che firmasse una petizione o che picchiasse qualcuno. Gli ho risposto che le botte sarebbero state più utili.



 


 


D'Agnolo: "Qualcuno meritava le botte"


di Giovanna Fravro


Da La stampa (edizione Torino) del 6/2/2007

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