“Tornando a casa per Natale”, di Bent Hamer

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Dopo il ritratto di Henry Chinaski/Charles Bukowski e la separazione silenziosa dal mondo scelta da Horten, Bent Hamer continua a raccontare i pellegrinaggi delle sue anime perse, questa volta in un film corale, fatto di cinica disperazione e delicata speranza, illuminato dal sapore dolce/amaro che lascia in bocca la vita. In Concorso al Festival di San Sebastian
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home for christmasA casa per Natale. E’ la preghiera, la supplica della variegata umanità di Bent Hamer, che, dopo il ritratto di Henry Chinaski/Charles Bukowski e la separazione silenziosa dal mondo scelta da Horten, continua a raccontare i pellegrinaggi delle sue anime perse, questa volta in un film corale, fatto di cinica disperazione e delicata speranza, illuminato dal sapore dolce/amaro che lascia in bocca la vita. Lo sterminato paesaggio imbiancato di una piccola provincia della Norvegia, addobbata chiassosamente a festa dal Natale, diventa una geografia dell’attesa, popolata di presenze incompiute che portano il peso delle mutilazioni autoinflitte degli affetti. Uomini e donne che hanno perduto la strada, che cercano un modo per tornare e per andare avanti, che sognano di poter vivere, anche per un attimo, un’altra vita, come il piccolo Paul che preferisce rimanere a guardare le stelle, fingendo per un notte di non avere un Natale da festeggiare. La casa del titolo diventa allora lo spazio vuoto di un’esistenza che non è stata, ma che sarebbe potuta essere, quella di Jordan, il campione del calcio del passato oggi sepolto dietro il volto di barbone o quella del padre e marito che ha perduto tutto, che non riesce ad arrendersi e si lancia in una rocambolesca rincorsa di ciò che non potrà più esistere. E ancora, la casa è quel luogo smarrito nel silenzio di chi ha smesso di ascoltare i propri desideri, ma dove è ancora possibile tornare, come per il medico che, infine, riscopre la vita e, di nuovo, s’incammina verso di essa. In Home for Christmas, basato su un romanzo di Levi Henriksen, Only Soft Presents Under the Tree, Bent Hamer rimane sempre un passo indietro, in paziente attesa, quasi fosse l’unico modo possibile per ascoltare le pulsazioni silenziose dell’anima. Ma se Nel mondo di Horten, il pedinamento rarefatto e discreto del protagonista lasciava trasparire un mondo interiore altrimenti difficilmente vedibile, in Home for Christmas la moltiplicazione delle storie, per la verità non tutte riuscite e in taluni casi eccessivamente semplificate, non riesce a svelare nulla e i personaggi rimangono prigionieri dentro una scatola di vetro impenetrabile. L’alternarsi di disperazione e ilarità non ritrova la semplicità spiazzante della vita, come nel film precedente, ma finisce per creare una distanza incolmabile che rende impossibile penetrare quel mondo segreto che Hamer tenta invece di rivelare.
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