"Torremolinos 73", di Pablo Berger

"Ripresa diretta" di uno "streep-tease" limite, sempre in bilico tra cinema intellettuale e cinema fisico. Nel ritornare indietro nel tempo, raccattando cromatismi, movimenti, sonorità del passato, si ha la sensazione di perdersi in un dualismo creativo in cui stanca è l'immagine del tempo e nevrotica quella di uno spazio agognato.

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Torremolinos si potrebbe considerare la "Rimini" spagnola, città di vacanza sulla Costa del Sol, colata di cemento sul mare. Per un periodo ha rappresentato la permissività borghese della Spagna, un sogno di esotismo sessuale. Torremolinos 73 si potrebbe considerare una commedia, una farsa recitata come un dramma domestico. Il titolo rappresenta la spiaggia ma anche la location in cui la commedia "pastiche" si trasforma in un dramma intimista. Pablo Berger è alla sua prima opera, premiata in vari festival e attesa anche da noi, e si esprime attraverso l'Ed Wood spagnolo: Alfredo Lopez. Da venditore di enciclopedie, nella Spagna degli anni '70 franchista e puritana, Alfredo è costretto a cambiare mansioni all'interno dell'azienda. Le vendite "porta a porta" sono in forte calo e il suo datore di lavoro gli propone una nuova attività: girare, dotato di super 8, l'attività sessuale con la propria compagna per partecipare ad una finta "Enciclopedia danese mondiale della riproduzione". In realtà quei film erotici renderanno famosi, a loro insaputa, Alfredo e la moglie Carmen, che da timida e impacciata casalinga si trasformerà in un'icona del porno che spera di avere un figlio ma scoprirà l'impotenza del marito ormai preso totalmente dall'idea di diventare un importante regista. Torremolinos 73 è l'unica sceneggiatura che Alfredo Lopez scriverà e girerà nella sua carriera d'autore, ben presto interrotta dall'odissea del ridicolo, dalla messa in scena della miseria umana. Cinema che segue un impensabile asse porno-bergmaniano, probabilmente più vicino a certe commedie italiane degli anni '70 che allo stile almodovariano (vedi Atame), e magari invischiato ancora di più nelle strette maglie del "Dogma" danese. Oltre agli espliciti rimandi a Il settimo sigillo o Il posto delle fragole, il cinema di Berger è una "ripresa diretta" di uno "streep-tease" limite, sempre in bilico tra cinema intellettuale e cinema fisico. Nel ritornare indietro nel tempo, raccattando cromatismi, movimenti, sonorità del passato, si ha la sensazione di perdersi in un dualismo creativo in cui stanca è l'immagine del tempo e nevrotica quella di uno spazio agognato. La "nevrosi" di Berger/Lopez sembra più conseguenza di certo cinema moderno (vedi il Dogma), piuttosto che della sua separazione da questo cinema, della sua inadattabilità a questo cinema. Ma in fondo, anche la "riproduzione" è un modo per abbracciare il mondo, un atto conservatore in cui il desueto non esiste: c'è soltanto la ricchezza infinita dello schermo che basta saper raccogliere. Berger combina il suo occhio con quello tradito di Lopez: quest'ultimo entra nel dramma e l'altro lo materializza. Berger evita ciò che è spontaneo ed imprevedibile, Lopez è tumultuoso. Prova riuscita a metà, che pulsa stentando una vita privata, segreta, pronta a rigenerarsi nel cinema del "commiato", dalle tinte meravigliosamente artificiose, copia del reale, luogo (in)autentico dove quotidianamente si consumano reati di plagio. Berger omaggia e Lopez contagia: nella contesa, il nostro sguardo ha già deciso chi seguire.  

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Titolo originale: id.


Regia: Pablo Berger


Interpreti: Javier Camara, Candela Peòa, Juan Diego, Fernando Tejero, Malena Alterio, Ramon Barea, Nuria Gonzalez


Distribuzione: AB Film


Origine: Spagna/Danimarca, 2005


Durata: 91'

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