Toto le héros – Un eroe di fine millennio, di Jaco Van Dormael

Un’originale opera prima atipica, tachicardica, tragicomica, che parte dall’esoscheletro di Amarcord ma si contamina con la follia circense di Gilliam e la comicità astratta di Tati. Da oggi in sala.

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Cosa c’è dietro il pensiero che due bambini siano scambiati in culla e si possano determinare due destini differenti? La risposta è nella canzone Boum di Charles Trenet, quando il cuore batte all’impazzata e l’amore esplode come una supernova. Jaco Van Dormael concepisce un’opera prima atipica, tachicardica, tragicomica, che parte dall’esoscheletro di Amarcord di Federico Fellini ma lo contamina con la follia circense di Terry Gilliam e la comicità astratta di Jacques Tati. Eppure dietro il montaggio frenetico e i continui sbalzi temporali si scorge la lacrima di Pierrot, il sorriso triste di un clown che prende atto che “tutto potrebbe essere qualsiasi altra cosa, ma avrebbe lo stesso significato”.

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Thomas (Michel Boquet da vecchio, Joe De Baker da adulto, Thomas Godet da bambino) è arrivato alla fine della vita convinto di essere stato defraudato della felicità, per uno scambio avvenuto in fasce con il vicino di casa Alfred (Didier Ferney/Michel Robin). Mentre una serie di disgrazie coinvolgono i familiari di Thomas, Alfred diventa un ricco imprenditore: ma non è tutto oro quello che luccica. Non riveliamo di più della trama perché è giusto che lo spettatore tra flash-back e flash-forward ricostruisca attraverso infanzia, maturità, vecchiaia le tre fasi delle vite parallele. Anche se non sapremo mai se lo scambio in culla è avvenuto veramente, Jaco Van Dormael suggerisce che il pensiero ossessivo di Thomas derivi dall’amore incestuoso per la sorella Alice (Sandrine Blancke).

Sin dai primi quadretti familiari in cui il padre suona al piano la canzone di Trenet accompagnato da Alice alla tromba, sappiamo perfettamente che l’incrocio di mani e di sguardi tra fratello e sorella è accompagnato dal senso di colpa: Thomas pensa che solo in Egitto il loro amore potrebbe essere accettato, secondo l’esempio della regina Nefertiti. Allora è più facile inventarsi che Alice non sia la sorella di Thomas ma di Alfred, per potere abbandonarsi al Love in Bloom di Trenet e ritrovarsi nei versi Mon rêve familier di Paul Verlaine.  A questo ribaltamento subconscio operato da Thomas si aggiunge la grande forza dell’immaginazione che elabora il lutto della figura paterna creando l’agente segreto Toto, alter ego capace di salvare il genitore dal terribile destino che lo attende.

Tutto il film viaggia su questo doppio binario di realtà insostenibile e fantasia anestetizzante accompagnata da un uso simbolico dei colori (il giallo dei vestiti di Alice/Evelyne, il rosso dei tulipani sul modello Velluto blu), da continui raccordi tra passato e presente e sorprendenti irruzioni surreali all’interno di un racconto di formazione. Esemplificativi sono gli inserti noir delle azioni eroiche dell’agente segreto Toto e la riproposizione del quadretto familiare musicale nel retro di un camion quasi a volere stabilire un ponte di connessione tra i vivi e i morti. Quando un ormai rassegnato Thomas rivede nella figura di Evelyne (Mireille Perrier) i tratti somatici e caratteriali dell’amata sorella Alice si ripropone il cortocircuito emozionale del desiderio e del senso di colpa. Privato delle gioie professionali, degli affetti familiari, dell’amore, Thomas è un Mr. Nobody che ha come unico legame quello con Celestine (Pascal Duquenne) il fratello affetto da sindrome di Down (Pascal Duquenne sarà lo splendido protagonista della seconda opera di Van Dormael, L’ottavo giorno). Il ragazzo disabile raccontando la barzelletta dell’ora non fa che riproporre il rito dell’infanzia, unico momento di gioia prima dell’irruzione della morte. Nemmeno la religione è di consolazione, Thomas e Alice si vendicano furiosamente sulla statua della Madonna dopo avere avuto la certezza che il padre non tornerà mai più. Arrivato al viale del tramonto, l’unica soluzione per Thomas è quella di chiudere due vite in una sola morte.

Premiato nel 1991 a Cannes con la Camèra d’Or per la migliore opera prima, musicato da Pierre Van Dormael con le influenze melodrammatiche delle partiture di Ennio Morricone (viene in mente Nuovo Cinema Paradiso), Toto le héros è un film che frammenta i ricordi di una vita dolorosa rendendoli più sopportabili attraverso la trasfigurazione operata dagli occhi di un ragazzino. Jaco Van Dormael riprenderà e amplierà gli stessi concetti in Mr. Nobody del 2009 partendo dal mondo immaginato da un bambino di 9 anni incapace di scegliere tra padre e madre. La forza di Toto le héros scaturisce da questo particolare punto di vista infantile, tutto teso a invertire il flusso degli eventi manipolando il tempo. Vecchio adulto e bambino si ritrovano finalmente uniti nella stessa persona. La cenere che si sparge dall’alto può somigliare a polvere di stelle. Il ciclo vitale si completa come un astro che collassa dentro un buco nero. E il veliero può ritornare a navigare nel favoloso mondo di Toto.

 

Camera d’Or per la migliore opera prima al 44° Festival di Cannes

 

Titolo originale: Toto le héros
Regia: Jaco Van Dormael
Interpreti: Michel Bouquiet, Jo De Backer, Thomas Godet, Gisela Uhlen, Mireille Perrier, Didier Ferney, Michel Robin, Sandrine Blancke, Pascal Duquenne
Distribuzione: I Wonder Classics
Durata: 91′
Origine: Belgio, Francia, Germania 1991

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
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