Tra gli attori francesi più italiani. È morto Jacques Perrin

L’attore francese si è spento ieri a Parigi a 80 anni. Lanciato da Zurlini, legato a Costa-Gavras, aveva vinto la Coppa Volpi a Venezia come miglior attore per Un uomo a metà di De Seta

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Un velo di tristezza e di malinconia se la portava nel volto, anche nei suoi primissimi ruoli. Poteva avere una forte presenza nascosta oppure più decisa come nei film diretti da Costa-Gavras. E probabilmente è stato, assieme a Phlippe Noiret, Michel Piccoli, Anouk Aimée, Jean-Louis Trintignant e Gérard Depardieu tra gli attori francesi che hanno segnato maggiormente la storia del cinema italiano soprattutto nel ventennio degli anni Sessanta e Settanta, nel periodo d’oro delle coproduzioni tra i due paesi.

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Jacques Perrin (pseudonimo di Jacques-André Simonet), scomparso ieri a Parigi a 80 anni, è già un’immagine nostalgica, quella di un cinema forse pressocché scomparso. Non appariscente, apparentemente dimesso, nei suoi personaggi trasparenti, disillusi, aveva una grazia e una timidezza nel modo in cui entravano nel film i suoi personaggi, con i quali però si creava gradualmente un’immedesimazione. Per ceri aspetti era vicino a Trintignant nei suoi ruoli nei primi anni ’60, anche se tra loro ci sono dieci anni di differenza. Però il suo è stato una figura puramente cinematografica. Ciò è dimostrato da come sono ancora vitali tutti i personaggi interpretati per Costa-Gavras e Valerio Zurlini, con cui ha stretto un sodalizio particolare, ma anche con Vittorio De Seta, Jacques Demy o nel personaggio di Salvatore, diventato regista di successo che nel finale, nella sala cinematografica vuota, si rivede tutte le scene dei baci tagliati in Nuovo Cinema Paradiso (1988) di Giuseppe Tornatore. I suoi silenzi, gli occhi sullo schermo. Jacques Perrin, figlio d’arte (padre regista teatrale e madre attrice), sapeva parlare anche solo con i suoi sguardi.

Voleva diventare attore sin da subito e per raggiungere il suo sogno aveva frequentato il Conservatoire national d’art dramatique. Dopo una veloce apparizione in Vespa in Peccatori in blue-jeans (1958) di Marcel Carné e alcune parti secondari tra cui in La verità (1960) di Henri-Georges Clouzot, è Valerio Zurlini che gli ha offerto il primo ruolo importante in La ragazza con la valigia (1960) dove rimbombano tutti i battiti del cuore di Lorenzo Fainardi che s’innamora della ragazza sedotta e abbandonata dal fratello dongiovanni. Sempre il regista lo ha diretto in un altro dei suoi personaggi più importanti della sua carriera, il fratello minore del giornalista interpretato da Marcello Mastroianni in Cronaca familiare (1962) dove il loro rapporto viene ripercorso attraverso un lunghissimo flashback e in Il deserto dei Tartari (1976) dove la figura del sottotenente Giovanni Drogo che, nel remoto avamposto militare, si consuma nell’attesa che possa accadere qualcosa.

Altra figura fondamentale nella filmografia di Jacques Perrin è Costa-Gavras. La loro collaborazione è cominciata nel 1965 in Vagone letto per assassini ed è proseguita due anni più tardi con Il 13° uomo, ma l’attore ha lasciato il segno nel suo cinema soprattutto con la figure del giornalista che assieme a un giudice istruttore cerca di fare luce sull’omicidio di un politico di sinistra in  Z. L’orgia del potere (1969). Poi c’è Vittorio De Seta che gli ha cucito il personaggio del giornalista in crisi che ripensa al suo passato doopo essersi ricoverato in clinica in Un uomo a metà (1966) con cui è stato premiato con la Coppa Volpi al Festival di Venezia e del marito che tradisce la protagonista in L’invitata (1969). Per Demy è invece è stato il marinaio di Les demoiselles de Rochefort (1967) e il principe rosso in La favolosa storia di pelle d’asino (1970). Pierre Schoendoerffer con cui ha collaborato spesso; lo ha infatti diretto in 317° battaglione d’assalto (1964), L’uomo del fiume (1977), L’honneur d’un capitaine (1982) e Scènes de crimes (2000).

Nel corso di una carriera di oltre 40 anni la sua strada si è incrociata, tra gli altri, con Claude Chabrol (La linea di demarcazione, 1966), Luigi Magni (In nome del popolo italiano, 1990), Claude Goretta (L’ombre, 1992), Pierre Granier-Deferre (Un ragazzo e una ragazza, 1967), Florestano Vancini (La calda vita, 1963), Walerian Borowczyk (Blanche, un amore proibito, 1971), Paul Vecchiali (L’Étrangleur, 1972), Margareth von Trotta (Il lungo silenzio, 1993), Christophe Gans (Il patto dei lupi, 2001), Danis Tanović (L’enfer, 2005) e Xavier Beauvois (Le petit lieutenant, 2005). Tra i suoi frame che resteranno per sempre c’è il suo sguardo infelice e lontano nel finale di La corruzione (1963) di Mauro Bolognini.

Nel corso della sua carriera è stato attivo anche come produttore; tra i suoi film, oltre a quelli di Costa-Gavras e Il deserto di Tartari che probabilmente non si sarebbe mai fatto senza di lui, ci sono Bianco e nero a colori (1976) di Jean-Jacques Annaud che ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero,  Microcosmos. Il popolo dell’erba (1996) di Nuridsany e Pérennou con cui ha vinto il César come miglior produttore e il Malick di Voyage of Time. Come regista ha firmato diversi documentari come Il popolo migratore (2001) e Océans (2009).

 

 

LA NOSTRA TOP 5 (+1)

La ragazza con la valigia (1960)

 

Cronaca familiare (1962)

 

La corruzione (1963)

 

Les demoiselles de Rochefort (1967)

 

Z. L’orgia del potere (1969)

 

Nuovo Cinema Paradiso (1988)

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