Tra le onde. Intervista al regista Marco Amenta e all’attrice protagonista Sveva Alviti

Il 1° Dicembre esce in sala Tra le onde, presentato in concorso al Rome Independent Film Festival. Il regista Marco Amenta e l’interprete Sveva Alviti ce ne parlano in esclusiva

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Tra le onde esce in sala il 1° Dicembre ed è stato presentato in concorso al RIFF – Rome Independent Film Festival. Il regista Marco Amenta e l’attrice protagonista Sveva Alviti ci parlano della lavorazione del film che si muove tra i generi, unendo neo-noir e mélo. Nel cast anche Vincenzo Amato.

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Marco, come hai lavorato nella costruzione del personaggio di Lea? Hai usato metodi particolari o lasciato più spazio all’improvvisazione?

Amenta: Essendo il film un unione di diversi generi, nella scrittura ho cercato di fare in modo che ogni battuta avesse più livelli di lettura. Di conseguenza far seguire più attentamente il copione è stato fondamentale. Non lasciavo molto spazio all’improvvisazione. Piuttosto ho voluto farli improvvisare nei movimenti, nello spazio intorno a loro.

A proposito di spazio, nel film l’uso che ne fai è qualcosa di molto costruito e ogni set o scenografia rispecchia bene lo stato dei protagonisti. Come hai lavorato a questo aspetto?

Amenta: Penso che nel cinema uno degli aspetti fondamentali sia la resa visiva, l’immagine. Quindi mi piace costruire e formare una buona fotografia perché in sala l’effetto poi è ancora più apprezzabile. Lo sguardo passa da una parte all’altra dello schermo, c’è un mondo da osservare. Mi piace pensare che questo mezzo sia ancora così unico e inimitabile, diverso da Tv e piattaforme.

Sveva, nel film il rapporto tra Lea e Salvo, interpretato da Vincenzo Amato, è qualcosa di preesistente ma che torna e porta a galla vecchie problematiche. Come hai lavorato con Vincenzo Amato per costruire il background dei personaggi? Ci avete lavorato prima o durante le riprese?

Alviti: Io ho iniziato da sola a costruire il personaggio di Lea, poi Marco prima delle riprese ci ha fatti incontrare in Sardegna, per parlarne. Anche per costruire insieme alcune scene, quelle più importanti. Credo che a un certo punto quando si lavora tanto su un personaggio finisce per entrare dentro di te, e tutto quello che vivi rimane nel tuo corpo, e nella memoria emotiva. Quindi non c’è più Sveva e Vincenzo, ci sono solo Lea e Salvo. Vincenzo è una persona carinissima, molto umana e sul set abbiamo legato moltissimo.

Il silenzio sembra essere uno degli elementi principali in Tra le onde. Pochi scambi di battute, il film lascia parlare molto le immagini. Come hai lavorato a questa recitazione meno verbale?

Alviti: Credo che si torni ai film neorealisti. O a un cinema dove non si abbia l’obbligo di spiegare tutto. A volte i silenzi possono dire più di mille parole. Io penso che a volte nel cinema si voglia spiegare troppo, fare troppo e dire troppo. Nella vita reale non parli sempre. A volte stai in silenzio, altre litighi o pensi. Quindi i silenzi volevano essere pieni dell’atmosfera in bilico. Quindi il silenzio è una scelta.

Il tuo personaggio, nel film è una cantante. Guardando anche tuoi precedenti lavori, pensiamo a Dalida, la dimensione canora torna sempre. Ti piace far comunicare questi due mondi? O li tieni separati?

Alviti: Penso che cantare sia una delle cose più belle al mondo, anche se non ho una bellissima voce. Cantare è come recitare. Ogni parola ha un senso da interpretare, infatti in questa piccola scena di canto c’è molta emozione e ogni nota rimanda al loro passato. Un po’ come faceva Dalida, che metteva tutta se stessa nelle canzoni, se pensiamo a Je suis malade. Momento per momento, parola per parola, cantare per me è come recitare ma in una tonalità diversa.

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