#SentieriSelvaggi30 – Anniversari – Tradimenti: dai fratelli Lumière a Lost Highway (#8)

Il 1 aprile 2018 sono trascorsi 30 anni dalla nascita della rivista di cinema Sentieri selvaggi: la celebriamo, giornalmente, attraverso una serie di articoli, news, eventi, commenti e altre storie.

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Il 1 aprile 2018 sono trascorsi 30 anni dalla nascita della rivista di cinema Sentieri selvaggi: la celebriamo, giornalmente, attraverso una serie di articoli, news, eventi, commenti e altre storie.
Con gli occhi di Giuda
Le storie, tutte le storie che si scrivono, che s’inventano, nascono con un ritmo dentro che è il ritmo stesso che dà la vita.
I film hanno la loro partenza, l’attimo in cui nasce la storia, uno sviluppo, alcuni momenti di crisi, qualche superamento, una chiusura definitiva o appena accennata: sono le cose che s’insegnano in tutti i corsi di sceneggiatura e di scrittura creativa che serpeggiano, da qualche tempo, in tutta la penisola italiana e che, da decenni, si studiano nelle università americane, comprese quello meno note. E’ la struttura narrativa con le sue evoluzioni drammatiche che abbiamo letto nei libri di Chatman, di Syd Field, di Prince…
Progressioni semplici, da manuale appunto, che ritroviamo puntualmente nella convivenza quotidiana con i nostri sentimenti: ogni tanto capita che ci innamoriamo, che appassionatamente c’infervoriamo per qualcuno o per qualche cosa (fosse pure un evento, un gesto, uno sguardo), finiamo col possedere l’oggetto del nostro innamoramento e, lentamente, scivoliamo in una sorta di torpore mentale che, semplicisticamente, chiamiamo amore.
Poi, complice il tempo, qualcosa cambia.
Il nostro sguardo che era così fisso, così rigido e immobile a segnare un punto, un volto, un’azione, ritorna a guadagnare una sua incredibile autonomia. Diviene, improvvisamente, sensibile ad altre fonti luminose, ad altre movenze. Ricostruisce, in breve tempo, tutta una serie di strategie alle quali prima era abituato e che aveva, momentaneamente, abbandonato.
Lo sguardo diviene, incredibile a dirsi, distratto e, in certi momenti, assente.
Si è pronti allo scatto. Si è pronti a cambiare direzione.
Si finisce, così, col tradire.
Tradimento. In una storia coincide col momento di crisi: innamoramento, amore, tradimento, risoluzione finale – sono i quattro momenti, le quattro fasi, i quattro atti nei quali è possibile racchiudere gran parte delle sceneggiature del cinema classico.
Quale sia la risoluzione finale è del tutto secondario.
Quello che ci piace mettere in gioco, ora, è proprio il momento del tradimento, la brusca inversione di rotta che obbliga a rimettere tutto in discussione. Ma ciò che nel quotidiano può essere un dramma, narrativamente è soprattutto un elemento nodale di sensibilità infinita.
Intendiamoci: non ci interessa parlare di film che raccontino storie nelle quali si esibiscono tradimenti quanto, piuttosto, assimilare un movimento dell’anima, un sussulto del sentimento, con una pratica narrativa perché, il tradimento, qualunque sia il livello nel quale si consumi, è innanzitutto un mondo alterato all’interno del quale ci si trova a guardare il quotidiano in modo massicciamente diverso, con ottiche per nulla scontate. Un po’ come per la malattia: la febbre ci obbliga ad un rapporto col nostro corpo del tutto nuovo, lo stare immobili in un letto ridisegna gli spazi che, prima, ci sembravano evidentemente, banalmente e piacevolmente scontati.
Il tradimento esibisce le stesse carte, obbliga a riformulare tutte le regole qualunque sia il punto di vista.
E’ una rimessa in gioco violenta, determinante, dolorosa, definitiva: dopo, il mondo – il nostro mondo, il mondo nel quale siamo immersi – non sarà più lo stesso.
Eppure tradire è necessario, è fisiologico, guai se rinunciassimo al tradimento: il tradimento permette di cambiare, di modificare le nostre cellule. Obbliga a percorsi diversi e perversi che, qualche volta, potrebbero salvarci la vita. Se si vuole: è un riflesso condizionato che serve a sventare un pericolo anche se si precipita in uno stato denso troppo dolce e perfino nauseante.
Il tradimento, quando è vero tradimento e non è una scappatella, un percorso parallelo e pacifico, una seconda quotidianità comoda e corretta che, di fatto, non altera la visione borghese della nostra esistenza, allora è un vero e proprio atto rivoluzionario, è una rivendicazione vuota e idealista priva del pessimo gusto dato dal buon senso.
Non è un caso che gran parte dei film leghino le proprie storie a quelle di un personaggio che, prima o dopo, all’inizio, al centro o alla fine del film, tradisce.
Tutto ciò per cui proviamo vergogna diventa allettante materia narrativa, voyeuristico cibo per gli occhi: la pelle nuda, la carne squartata, i sentimenti messi in bella vista.
Per questo un traditore sincero diventa, immediatamente, appassionante, convincente, affascinante. Il suo sguardo, quello che hanno visto i suoi occhi, c’interessa – ha visto quello che non siamo capaci di vedere o quello che vorremmo vedere o, ancora, se siamo traditori noi stessi, quello che abbiamo visto e allora stiamo lì a confrontare, a comunicare.
Poi, naturalmente, avremo tutto il tempo per prendere le distanze: in queste cose qui, in genere, siamo bravissimi e ci viene abbastanza spontaneo giocare tutto il nostro personalissimo moralismo.
Eppure resta necessario tradire i genitori, i maestri che ci hanno aperto la strada, le donne o gli uomini che ci hanno teneramente amato. Ne va della nostra sincerità.
E’ la cultura del tradimento che non va ignorata, che non deve essere demonizzata: impariamo a tradire innanzitutto noi stessi. Possiamo esercitarci amando quei film che ci hanno tradito, che hanno tradito le nostre insopportabili aspettative. E possiamo continuare appassionandoci a tutti coloro che non ci danno spazio per accomodarci, tradendoci – con sincerità – ad ogni piè sospinto.
Magari è fastidioso abituarsi ad avere sempre questo fiato sul collo di chi non ci lascia riposare, da chi non ci lascia liberi di addormentarci.
Però è vero che, se il tradimento è doloroso, non è mai bugiardo e, in un certo senso, non è mai disonesto (perché esiste solo il tradimento manifesto, quello che si svela, quello che si confessa).
Di contro esiste una coerenza molto, molto spiacevole. E cattiva. E oscena.
In definitiva chi tradisce, tradisce sempre per amore (di un altro, di un’altra cosa, fossero anche i trenta denari desiderati e voluti) mentre la fedeltà porta con sé un morbo dovuto alla decadenza, alla vecchiaia e, infine, alla morte.
tratto da
SENTIERI SELVAGGI n.4/1998
nulla più come prima
tradimenti – dai fratelli Lumière a Lost Highway
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