Trafficante di virus, di Costanza Quatriglio

Un cinema utile con perfino troppa sequenzialità, senza nulla lasciare all’immaginazione, alla deduzione o alle cronache. In sala da oggi

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Che il cinema fosse utile lo sapevamo già, ma Costanza Quatriglio ce lo conferma con questo suo film di fiction, dopo alcuni titoli che sottendevano altre vicende e soprattutto un’altra idea di cinema e di rappresentazione. Con Trafficante di virus la regista sperimenta la narrazione piena, non mediata da un testo ingombrante e ponderoso come poteva essere Terramatta o come le sue altre sperimentazioni in quel confine sempre più labile tra fiction e non fiction. Questo suo nuovo lavoro, dove l’autrice sposa direttamente il registro della pura narrazione e di cui scrive anche la sceneggiatura insieme a Francesca Archibugi, arriva in un momento che forse più adatto non si potrebbe immaginare, con il rischio di diventare un instant movie che da qui a qualche anno potrebbe perdere gran parte della sua efficacia e della sua forza sotterranea, sapendo raccontare molto del nostro Paese con perfino troppa sequenzialità, senza nulla lasciare all’immaginazione, alla deduzione o alle cronache.

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Il film, ispirato al libro di Ilaria Capua “Io, trafficante di virus. Una storia di scienza e di amara giustizia, racconta la propria esperienza di ricercatrice, la sua determinazione per un’idea di scienza sottratta ad ogni speculazione economica, alla sua battaglia per far si che anche l’Italia fosse dotata di un centro di ricerca d’eccellenza al pari di altri Paesi europei ed extraeuropei. Il suo impegno costante e generoso ha urtato, all’epoca, molte suscettibilità che ricollegavano il suo impegno ad una ambizione fuori luogo e fuori misura, anche perché donna, tanto che venne imputata di reati gravissimi, talmente gravi e odiosi da essere puniti con l’ergastolo. Le si attribuiva la responsabilità di trafficare in virus per denaro e l’espressione “li pagheranno a peso d’oro”, detta per scherzo nell’Istituto ironizzando sul peso nullo dei virus, è diventata una delle ragioni che hanno portato alle indagini su di lei, sfociate poi nel procedimento penale che l’ha visto, suo malgrado, protagonista. Dopo molta fatica sua e dei suoi legali e una evidenza dei fatti che non poteva che condurre a quella soluzione, la ricercatrice viene scagionata da ogni imputazione di reato, ma lei è già lontana dal mondo della ricerca italiano, ma anche dalla sua famiglia, e vive e lavora in America sicuramente in un centro di ricerca all’altezza delle sue qualità di scienziata.
Trafficante di virus sa diventare, quindi, un film che possiamo definire utile perché si avvale di una sceneggiatura scritta con chiarezza, dove tutto è spiegato molto bene, dove tutto è consequenziale e dove nulla è lasciato al mistero, ma trova piena e compiuta spiegazione dentro l’opera stessa, che diventa così un mondo autosostenibile che non ha bisogno di ausili esterni per sopravvivere. In Trafficante di virus si distingue l’ottima interpretazione di Anna Foglietta, che veste i panni della ricercatrice Irene Colli e chesi cala nei panni di questa donna volitiva e determinata con lo stesso carattere forte e mai dimesso del suo personaggio. Un’interpretazione che conferma le doti dell’attrice.

Si diceva dell’utilità del film che sa diventare strumento narrativo di un mondo ai più sconosciuto, che sa mettere in evidenza i guasti di una burocrazia stantia, i danni degli intoccabili potentati che stabiliscono le sorti di centri vitali della nostra cultura e dell’incapacità e della impreparazione della politica a fare fronte a queste incrostazioni che subdolamente desertificano il mondo universitario e della ricerca. Ma detto questo, vale anche la pena ricordare che in Italia, trenta o quaranta anni fa era nato un cinema che altrettanto utilmente faceva luce su alcuni dei grandi misteri italiani, un cinema che sapeva farsi racconto appassionante e, pur restando misterioso il sottobosco politico-affaristico che raccontava, sapeva disegnare una mappa non banale degli intrecci che già all’epoca avviluppavano in un’unica consorteria politica, malaffare e criminalità a vari livelli. Un cinema accattivante e magistrale, che soprattutto da Rosi e Petri a Loy ha fatto conoscere agli spettatori delle sale un’Italia sommersa e misteriosa. Oggi le sale si svuotano, forse si abbassano le pretese e la gente a casa vede molta televisione, il mondo del cinema guarda a questo pubblico e così anche quei film utili diventano un’altra cosa.

 

Regia: Costanza Quatriglio
Interpreti: Anna Foglietta, Michael E. Rodgers, Andrea Bosca, Roberto Citran, Paolo Calabresi, Luigi Diberti, Isabel Russinova, Beatrice Fedi, Fulvio Falzarano, Alberto Basaluzzo, Francesco Biscione, Nadia Brustolon
Distribuzione: Medusa
Durata: 116′
Origine: Italia, 2021

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.7
Sending
Il voto dei lettori
1.33 (3 voti)
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