Treni strettamente sorvegliati, di Jiří Menzel

Una delle opere più importanti della Nova vlna che mescola grottesco e drammatico. Dall’omonimo romanzo breve di Bohumil Hrabal. Oscar per il film straniero. Stanotte, ore 3.25, Rai Movie

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«L’ironia praghese è un gioco apparentemente infantile, folle e stupido in senso superiore, è la battaglia contro una felicitante teoria dello stato e contro l’apparato burocratico. Naturalmente è anche coscienza della vanità di tale lotta. È l’abolizione di una soggettività che è giunta fino in fondo, è la più alta libertà possibile nel mondo senza dio». Bohumil Hrabal

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I treni strettamente sorvegliati (“closely watched trains”) erano quei convogli che durante la Seconda guerra mondiale servivano ai nazisti per trasportare truppe e munizioni attraverso i territori occupati. Basandosi sull’omonimo romanzo breve di Bohumil Hrabal influenzato a sua volta dal Buon Soldato Sc’viek di Jaroslav Hasek, Jiří Menzel gira il suo primo lungometraggio mescolando il tragico con l’osceno, l’erotico con l’assurdo.

Il soldato Milos Hrma (Václav Neckář) anche se ha un cognome ridicolo (Hrma in ceco antico significa Monte di Venere), è orgoglioso di continuare la tradizione familiare indossando la divisa di ferroviere, ma la sua vita di relazione con la bella Mása (Jitka Scoffin) è complicata dal problema della eiaculazione precoce. Scampato a un tentativo di suicidio, rassicurato dal dottor Brabec (lo stesso Menzel) sulla natura del suo disturbo, Milos incontrerà nella stazione ceca di Lodenice, prima il capo Hubicka (Josef Somr), dongiovanni che lavora per la resistenza, e successivamente la partigiana Viktoria Freie (Nada Urbánková) che lo coinvolgeranno in una importante azione di sabotaggio.

Sin dall’incipit il tono usato da Menzel è grottesco, al limite del paradosso: i resoconti degli antenati di Milos sembrano uscire dalla penna di Gogol e rivelano una forte tendenza a ironizzare sulle rigidità e sulle formalità del protocollo burocratico. La spinta dell’apparato statale e di tutte le forme di potere (anche quello matriarcale) è diretta verso l’abolizione della soggettività per plasmare il cittadino secondo determinate regole. Indossare una uniforme è il primo atto di questo conformismo, la scelta obbligata per trasformarsi in uomo-massa. Ma in Milos avviene una psico-somatizzazione che investe la sfera della sessualità.

Menzel si diverte a descrivere un mondo circostante travolto da una pulsione istintuale non controllata: il vecchio zio fotografo palpeggia le ragazzine, Masa provoca Milos in tutti i modi, Milos molesta la matura moglie del capostazione, Hubicka sperimenta sulle cosce e sui glutei della sua giovane attendente i timbri statali in una scena dal forte contenuto erotico. In un universo pansessuale gli imbarazzi del giovane Milos sono il frutto dell’ immaturità e della accidia. Per controcanto gli orrori della Seconda guerra mondiale irrompono in questa atmosfera surreale e stravolgono i parametri narrativi: la casa dello zio di Mása viene bombardata, su di un treno compaiono i cadaveri dei partigiani e la tensione dell’epilogo viene amplificata con un montaggio alternato tra i lavori della commissione disciplinare e i preparativi dell’attentato dinamitardo.

Il discorso politico di Menzel è nascosto abilmente dietro i personaggi caricaturali e le situazioni boccaccesche: per un osservatore attento è facile fare un parallelo tra l’oppressione del regime di Hitler e la situazione della Cecoslovacchia nel periodo della guerra fredda, controllata e soffocata dalla ingombrante presenza dell’URSS. Menzel intercetta quei fermenti di liberazione che sfoceranno nella primavera di Praga e ne anticipa profeticamente il tragico epilogo. Milos è l’emblema di questo rinnovamento: da piccolo burattino nelle mani dello Stato a intrepido eroe consapevole del proprio gesto rivoluzionario.

Oscar 1967 per miglior film straniero (appena un anno prima aveva vinto Il negozio al corso di Ján Kadár e Elmar Klos), Treni strettamente sorvegliati è con Gli amori di una bionda di Miloš Forman e Illuminazione intima di Ivan Passer (entrambi del 1965), una delle opere più importanti della Nova vlna proprio nel sapere mescolare il grottesco con il drammatico ed individuare nel processo di liberazione sessuale una delle vie per una matura coscienza sociale.  L’allegoria nasconde una scomoda verità: l’atto eversivo è spesso la diretta conseguenza dello scioglimento di un contraddittorio esistenziale, morale e politico.

 

Titolo originale: Ostre sledované vlaky
Regia: Jiří Menzel
Interpreti: Václav Neckář, Jitka Scoffin, Josef Somr, Nada Urbánková
Durata: 92′
Origine: Cecoslovacchia 1966
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.33 (3 voti)
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