TRIESTE FILM FESTIVAL 19- "Vuoti a rendere", di Jan Sveràk (Concorso)

Divertente commedia sui paradossi della terza età, sulla forza trascinante dell'ironia, sulla volontà cocciuta di resistere al declino dei corpi per continuare a vivere e sbagliare in libertà. Vratnè Lahve è un film di una leggerezza visiva assolutamente rara, talmente leggero da spiccare il volo, prendere quota, proprio come la grande mongolfiera che guida i due anziani protagonisti nel cielo di Praga nella splendida sequenza iniziale.

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Piccolo preziosissimo film, un gioiello di grazia e misura, frutto di uno spirito ottimista e di un'idea di cinema coraggiosamente libera, ottimista, senza tracce di ipocrisie nè ricatti morali. Girato con la suggestiva e fiabesca essenzialità nordica di un Hallstrom, una verve umoristica woodyalleniana che non manca un colpo, una leggerezza di tocco ed una spiccata ed autoironica attitudine alla filosofia-del-quotidiano che in molti frangenti ricorda da vicino il miglior cinema di Luciano De Crescenzo. Una divertente commedia sui paradossi della terza età, sulla forza trascinante dell'ironia, sulla volontà cocciuta di resistere al declino dei corpi per continuare a vivere e sbagliare in libertà. Ottimamente scritto, diretto  da Sveràk, "Vratnè Lahve" è un film di una leggerezza visiva assolutamente rara, talmente leggero da rinunciare consapevolmente ad una struttura narrativa solida – ad una zavorra d'intreccio che si assottiglia fino a sparire – permettendo così al film di spiccare il volo, di prendere quota, proprio come la grande mongolfiera che guida i due anziani protagonisti nel cielo di Praga nella splendida sequenza finale. Un film sul tempo, sul tempo presente, sulla voglia di viverlo e di restare in campo fino alla fine, sulla fondamentale possibilità di prendersi in giro per per prendere in giro questi anni. Film sul tempo passato, su un passato da cui trarre energie e stimoli, passato da ricordare, di cui vivere senza nostalgie e vittimismi. ("Nonno ma tu morirai?" – chiede ad un tratto il nipotino al tenero protagonista. "Beh, si. Ma non ho ancora deciso quando.") Nella metafora, forse effettivamente un po' ingenua, dall'anziano professore che molla la cattedra per trasformarsi nel brillante addetto alle bottiglie vuote di un piccolo supermercato – almeno fino a quando non viene rimpiazzato da un apposito macchinario – c'è evidentemente un allegro riferimento alla necessità di non arrendersi all'inerzia dei tempi, di non farsi mettere in un angolo dal mondo. Un messaggio, in questo senso, perfettamente in linea con molte altre produzioni presentate al Festival, di cui pure il film di Sveràk costituisce un'autentica e significativa eccezione. Una piccola lezione di vita e di cinema.

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